Ubs, gli gnomi in crisi isolano la finanza

Il «nodo» delle gestioni, diventate troppo rischiose

Ubs, gli gnomi in crisi isolano la finanza

da Milano

A giugno erano stati assoldati gli advisor della banca d’affari francese Lazard. Ieri Peter Kurer, l’avvocato messo alla presidenza per riparare i danni fatti dalla finanza disinvolta, e l’amministratore delegato Marcel Rohner hanno annunciato, insieme a nuove svalutazioni per 5,1 miliardi di dollari (3,4 in euro) e una perdita trimestrale di 358 milioni di franchi (220 milioni di euro), una mezza rivoluzione. Ma la vicenda della crisi Ubs, prima banca europea per attivi e prima per svalutazioni dovute a subprime, titoli derivati e obbligazioni strutturate (43 miliardi di dollari, 29 in euro) sembra ben lungi dall’essere finita. Le svalutazioni nel bilancio, gli accordi extragiudiziali (l’ultimo questa settimana, Ubs riacquisterà 19,4 miliardi di dollari di obbligazioni Ars Auction rate securities vendute negli Usa con troppa disinvoltura), i tagli all’organico (2.387 solo negli ultimi tre mesi) e la cooptazione di manager come Sergio Marchionne, entrato in consiglio a febbraio sono stati solo i primi passi della ristrutturazione del colosso svizzero.
L’annuncio di ieri dice che le operazioni della banca saranno divise in tre unità autonome: l’investment banking, cioè la finanza, il private banking, che è la gestione di patrimoni, e l’attività bancaria tradizionale, il retail. È la fine della banca «integrata» o «universale», voluta dal precedente presidente Marcel Ospel, ma è anche la fine, per gli svizzeri, dell’avventura fuori dal loro territorio tradizionale, quello della prudente gestione del risparmio, che con la crisi ha subito gravi contraccolpi d’immagine. Il senso della ristrutturazione, infatti, è quello della separazione dell’investment banking, causa dei guai (perde nel secondo trimestre 5,2 miliardi di franchi) dalla gestione patrimoniale, il core business degli svizzeri. Un settore che continua ad essere in attivo per la banca, ma che registra minusvalenze e deflussi di capitale (circa 40 miliardi di dollari solo quest’anno) a causa degli eccessivi rischi che la finanza ha caricato nei portafogli gestiti.
E, secondo gli addetti ai lavori, non si tratterà di una semplice separazione delle attività: «Non si ricorre a un advisor come Lazard se non per vendere», dice un banchiere di Lugano, «il problema è che l’investment bank adesso è difficile da cedere: bisogna ripulirla e aspettare che il mercato si riprenda». Nessuno di questi tempi tira fuori qualche miliardo di dollari facilmente, ma nei mesi passati sono circolate voci su un interesse da parte del gigante bancario britannico Hsbc, indenne dai guai dei subprime e ricco di liquidità.
Va ricordato che alla fine del 2007 Ubs aveva ricevuto un consistente aiuto, da un fondo governativo di Singapore e da un investitore anonimo del Medio Oriente, acquirenti di azioni per 11,5 miliardi di dollari, quasi il 12% del capitale del colosso svizzero; un affare per ora poco remunerativo visto che i titoli pagati 50 franchi ora valgono meno della metà.


Ieri Ubs ha scelto i quattro nuovi amministratori indipendenti. Fra questi c’è Bruno Gehrig, presidente dell’assicuratore Swiss Life e vicepresidente della Roche nonchè ex vicepresidente della Banca nazionale svizzera e l’economista americana Sally Bott.

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