Ma cè unaltra impressione che si percepisce diffusamente in questo centro di studi che Einstein e lInstitute for advanced study hanno reso famoso: il senso di impotente scoramento diffuso tra professori e studenti per la decadenza politica e morale della «repubblica imperiale» Usa. Decadenza che molti temono che Bush cercherà di arrestare con una guerra allIran.
Sulle pagine del New York Times se ne discute come di parte del conflitto in corso fra due correnti in seno allamministrazione: quella del segretario di Stato Condoleezza Rice, che è sostenuta dal segretario alla Difesa, e la corrente del vicepresidente Cheney. Entrambe favorevoli a contrastare lespansionismo iraniano, ma la prima con la strategia del contenimento e della pressione economica; la seconda con luso della forza.
Ci sono molte ragioni che fanno credere che sarà questultima a prevalere: il desiderio di riscatto di immagine del presidente Bush, ormai non rieleggibile, di fronte alla storia; la paura che se Hillary Clinton arriverà alla Casa Bianca sarà lei a fare la guerra contro «un nemico giusto» e con metodi che ridiano allAmerica il prestigio internazionale perduto. Poi cè la «coalizione della paura» contro lIran nucleare, che include, con profonde variazioni di interesse, i Paesi arabi, la Cina, la Russia e naturalmente Israele.
Le prove ottenute dagli israeliani con il loro attacco a una «misteriosa» base in Siria, poi, hanno rafforzato il fronte degli interventisti contro lIran guidato dal vicepresidente Cheney. Dopo oltre un mese di speculazioni, il New York Times confermava ieri la notizia che la base attaccata era effettivamente un piccolo reattore atomico in costruzione, capace di produrre una bomba allanno. Limpianto, secondo Sigfried Hekhr, ex direttore del laboratorio nazionale di Los Alamos, è stato reso possibile dai disegni forniti dai nord coreani alla Siria via Teheran, e sarebbe entrato in funzione entro 3-6 anni. Questo aiuta a comprendere le ragioni del riavvicinamento dei capi militari, finora contrari a un nuovo intervento in Medio Oriente, alla tesi offensiva del vicepresidente Cheney, anche se a certe condizioni.
Poiché lintelligence americana è convinta che solo un attacco nucleare potrebbe arrestare la corsa iraniana allarma atomica, attacco seguito da impiego di forze terrestri - due eventualità che ripugnano allopinione pubblica -, lalternativa sarebbe unazione aerea breve e massiccia contro le basi dei Pasdaran, le milizie rivoluzionarie che sostengono il regime e la lotta antiamericana in Irak. Molti sarebbero i vantaggi: nessun impiego di truppe; pochi danni alle strutture petrolifere importanti per le forniture di greggio alla Cina e allIndia, col vantaggio di premiare la Russia e lArabia Saudita attraverso un aumento temporaneo del prezzo del greggio.
Infine cè il prestigio dei generali americani, a cui la politica di Bush ha «rubato» la vittoria in Irak. In primo luogo quello del generale Petreus, che vuole colpire la collaborazione fra Iran e insorti anti-Usa in Irak per giustificare il ritiro delle truppe con onore.
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