Gabriele Albertini ha fatto di tutto per evitare un nuovo slittamento a lunedì. Ma la delibera della discordia mette ancora tutti contro tutti. Vendere il 34 per cento della Sea, la società che gestisce Linate e Malpensa, diventa sempre più una mission impossible. E qualcuno, nel centrodestra, comincia a dire che «un rinvio a settembre non sarebbe poi un dramma». Ieri ancora grandi manovre. Prima laudizione in commissione dei sindacati che chiedono la vendita in Borsa e azionariato diffuso. E Mario Prati, segretario nazionale del Sult, annuncia che «sono 1.600 i posti a rischio nel settore Handling della Sea a Malpensa». Poi lassemblea pubblica convocata dallUnione e presieduta da Sandro Antoniazzi. «Nel 2001 Paribas - attacca il pasionario del centrosinistra Basilio Rizzo - calcolando i flussi di cassa, fissò il prezzo massimo per Sea in 6.700 miliardi del vecchio conio. In euro circa 3.400 milioni. Per il 34 per cento, dunque, oltre mille milioni e non i 600 posti come base dasta. Ma la chiave del problema non sono i patti parasociali, bensì la vendita in blocco del 34 per cento in assenza di un piano industriale dellazienda e della certezza che chi acquista opererà per il suo sviluppo».
Contatti romani, invece, per i colonnelli del centrodestra.
«Dalla vendita della Sea solo vantaggi»
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