Venezia sventola la bandiera di Hollywood

«Stiamo studiando misure di sicurezza che proteggano star e pubblico», assicura il direttore Marco Müller

Venezia sventola la bandiera di Hollywood

Cinzia Romani

da Roma

Il Leone col girovita allargato da sessantadue primavere ha molta grinta e spacca il piccolo schermo, pieno di nulla, estraendone comunque una bella lattina rinfrescante. L’etichetta? Mostra del Cinema di Venezia, come ci spiega la spiritosa sigla di sapore pop. Per niente lusingati dall’essere «obiettivo sensibile» («Il festival è un obiettivo scontato data la concentrazione di pubblico e di personaggi famosi. Stiamo mettendo in atto delle misure di sicurezza così che le star e il pubblico possano partecipare in totale tranquillità» afferma il direttore della Mostra, Marco Müller), il presidente della Biennale di Venezia, Davide Croff e Müller ieri hanno presentato la loro creatura, più vispa dello scorso anno, quando fioccavano le polemiche.
E se negli ultimi mesi si sono sprecate le geremiadi sul calo del pubblico nelle sale e sull’ennesima crisi del cinema, potente è invece il segnale che mandano, dal Lido, i due uomini a capo del Festival. Un segnale di forza, nonostante le difficoltà economiche (gli sponsor sono più partner che sostenitori puri) e uno di speranza nel mercato e nella cultura, soprattutto. «La Mostra è il punto d’incontro delle culture mondiali e vogliamo tener fede a questa missione» esordisce Croff, giacca azzurra e cravatta pastello che non sdrammatizzano l’abituale seriosità. «La selezione operata quest’anno coniuga ricerca e spettacolarità, in un programma ordinato ed essenziale, che invia il segnale d’una ritrovata, o mai perduta, festa, al fine d’incoraggiare un pubblico appassionato» spiega il presidente della Biennale, ringraziando il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Cineteca Nazionale e la Fondazione Prada per l’appoggio alla retrospettiva, prediletta dal sinologo Müller, «Storia segreta del cinema asiatico».
E per stroncare, sul nascere, ogni contestazione, ecco pure il progetto (a cura del gruppo italiano 5+1) per un rinnovato Palazzo del Cinema. «Vogliamo migliorare l’esistente e la sostenibilità ambientale» annuncia Croff, desideroso di dare a Venezia e all’Italia «un Palazzo adeguato alla crescente popolarità della Mostra del Cinema». (Chi volesse entrare nelle stanze virtuali della Biennale può farlo sul sito wwwlabiennale.org).
Meno formale nel suo completo nero da vecchio ragazzo di potere, Müller è entrato nel vivo del programma - una media di cinque film al giorno. «Per organizzare la Mostra precedente, ho avuto solo quattro mesi» puntualizza il direttore della Mostra, già scottato, nel 2004, da critiche ustionanti, che hanno lasciato il segno, ma in senso positivo. Infatti, la logistica delle proiezioni è migliorata e «stavolta è maggiore l’attenzione a tutti gli aspetti del cinema italiano, autoriale e commerciale, per fare il punto sui diversi modi di produrre». Parce sepulto, visto che Müller conta su un vero record: sono undici i lungometraggi Usa che sbarcheranno al Lido. «Mai successo nella storia della Mostra: avremo nove prime mondiali, perché gli Studios scommettono sulla promozione veneziana dei loro film» gongola il direttore, rinunciando al «Festival mappa delle nazioni» in favore d’una Mostra «volutamente contraddittoria».
A grandi linee, 54 i lungometraggi in prima mondiale nelle tre sezioni (Venezia 62, Fuori concorso, Orizzonti) di questa 62ª Mostra (31 agosto-10 settembre), più snella rispetto al passato - 19 i film in concorso, che però potrebbero diventare 20. L’italiano è la lingua ufficiale del Festival, che porta in concorso (come anticipato dal Giornale) Pupi Avati (La seconda notte di nozze); Cristina Comencini (La bestia nel cuore) ; Roberto Faenza (I giorni dell’abbandono dal best seller di Elena Ferrante). Abel Ferrara punta su Mary (coproduzione Italia-Usa, con Juliette Binoche). Gil e Isabella Rossellini animeranno poi l’Evento speciale (Orizzonti) con Kill Gil, «quando il cinema è la morte al lavoro». Nella stessa Sezione, Musikanten di Franco Battiato, fantasiosa biografia di Beethoven e il docudrama Texas, di Fausto Paravidino. Fuori concorso si segnala il documentario All the invisibile Children, firmato, tra gli altri, da Spike Lee, Ridley Scott, Stefano Veneruso. Numerosi omaggi alle glorie scomparse: Lattuada, Pasolini, Bava, Lombardo, Steno.
Per quanto riguarda gli Usa, George Clooney firma l’intenso Good night and Good Luck mentre John Turturro concorre con Romance and Cigarette. Fuori concorso: Soderbergh e Hallström, Cameron Crowe e Barney (Orizzonti).

Cina e Giappone protagonisti della «Storia segreta del cinema asiatico», con «classici» cinesi anni Trenta e film «di genere» giapponesi, presentati dai registi John Woo e Miike Takashi. Il visionario Seven Swords di Tsui Hark, lo Spielberg orientale, aprirà il Festival, per la gioia di chi ama le arti marziali.

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