I casi Pandev e Ledesma, la scelta di Ballardini, un mercato al di sotto delle aspettative e delle promesse. Claudio Lotito, presidente della Lazio dal 2004, anno in cui la salvò da un sicuro fallimento, è ormai contestato dalla maggior parte della tifoseria biancoceleste che non approva i suoi metodi e le sue decisioni. La vittoria della Supercoppa a Pechino è stata, ironia della sorte, l’inizio della crisi: sei mesi dopo il trionfo in Cina, la squadra si ritrova in piena zona retrocessione. Circostanza che ha scatenato la rabbia degli ultras che hanno invaso Formello, con la politica che è entrata in gioco nella vicenda Lazio. Al presidente viene contestato soprattutto il non aver ceduto Pandev in estate e averlo poi perso a costo zero a dicembre dopo la causa del giocatore. Con Ledesma, messo ai margini della squadra sin dall’agosto scorso, Lotito ha invece vinto la battaglia legale ma non ha ceduto di fronte all’offerta dell’Inter e ora il centrocampista verrà reintegrato in rosa. Infine Ballardini: Lotito aveva deciso di chiudere il rapporto con Delio Rossi (che ora sta facendo bene a Palermo) e di scegliere il tecnico ravennate, finito in confusione tattica anche per le scelte societarie.
Ha più nemici lui di Bin Laden. Lo insultano, lo minacciano, lo inseguono, lo vogliono far fuori, Lotito Claudio, di anni cinquantatré, un uomo solo al comando, bersaglio facile, orso del tiro a segno; la Lazio calcio è terzultima in classifica, riassunto: allenatori licenziati, calciatori in capricciosa cassa integrazione (Ledesma), altri clamorosamente regalati alla concorrenza (Pandev), altri, assunti ma già tornati a casa (Golasa); contraccolpi politici di propaganda, puzza di boicottaggio elettorale alle prossime regionali, il popolo degli aquilotti è agitato, il tam tam segnala voto nullo sulla scheda, «Lotito vattene» lo slogan, per colpa di Zarate e Ballardini la candidata Polverini rischia la sconfitta, si muove Alemanno, si preoccupa Storace; mezza Roma se la spassa con Ranieri e la «magggica» che viaggia dietro l’Inter, mezza Roma rosica, ingoia veleni, prepara la guerra e la guerriglia, «aalaazio» rischia la retrocessione. Mezzaroma è pure il cognome della signora Lotito, Cristina, madre di Enrico, ma la questione di famiglia qui non c’entra, almeno per il momento.
Da dove incominciamo? Dalla fine, ovviamente.
Presidente, ieri la capitale è andata in tilt per la neve.
Pure questo è colpa sua?
«Ci mancava pure quest’accusa, non male, posso prevederla».
Lei sembra un pesciolino rosso in mezzo ai piranha.
«Forse, amo la trasparenza, non abdico, vado diritto con i miei principi, consuetudo est magna vis».
Che fa, incomincia a fare il secchione come a scuola?
«Guardi che davo fastidio anche ai miei compagni, studiavo la domenica mentre gli altri andavano al cinema o allo stadio. Però passavo i compiti, senza chiedere soldi in cambio».
Quando giocava a calcio preferiva il ruolo solitario?
«Sì, in porta, il mio idolo era Yaschin».
Veniamo tra i contemporanei. Dica di Pandev.
«Prendeva 500mila euro, gliene ho offerti tre volte. Qualcuno ha eluso le norme, il giudizio arbitrale non è stato terzo ma non è finita qui».
Dica di Ledesma.
È un caso diverso, Ledesma ha un contratto, con lui è in atto un corteggiamento serrato di altri club. La giustizia ha detto la verità».
Intanto Ballardini non l’ha potuto utilizzare.
«Questa è una mistificazione, una delle tante. Ledesma stesso ha ripetuto di non sentirsi legato alla Lazio, di non provare lo stesso impegno di prima. Che dovevo fare? Cederlo in cambio dell’elemosina o aspettare la giustizia giusta? Così ho scelto».
Ma chi glielo fa fare? «Il mio entusiasmo, la mia passione per questa società e questa squadra. Sono più irriducibile degli irriducibili».
Belle parole.
«Parole? Ho preso una società che aveva mille e settanta miliardi di debiti, oggi si autofinanzia, non ha debiti con le banche, a fronte di ventisei milioni di monte ingaggi ci sono ventisei milioni di utili».
Sia sincero, non ha commesso errori, rifarebbe tutto?
«Forse i tempi per la bonifica del sistema non erano maturi come ritenevo ma non per questo non andavano affrontati».
Quanti nemici ha?
«Quelli che mistificano, che non sanno, che non studiano, che non conoscono, che sono obsoleti come mentalità, come Sacchi che mi accusa di essere arrogante. Lui pensa e parla con la filosofia del denaro, più spendi più vinci. Io no, la Lazio ha vinto una Coppa Italia una Supercoppa e ha il bilancio sano, può iscriversi al campionato e in futuro alle coppe, come impongono le nuove regole dell’Uefa. Averne di Platini in Italia».
Gli irriducibili non le perdonano nulla.
«Certi tagli alle agevolazioni, ai biglietti gratuiti sono stati la rottura con il passato ma riguardano anche i vip, ho avuto una crisi di popolarità, amplificata dai mezzi di informazione romani. Se avessi fatto e se facessi le stesse cose altrove sarei di esempio».
E invece viaggia sotto scorta.
«Adesso è stata rinforzata, mia moglie Cristina e mio figlio Enrico hanno ricevuto minacce».
E in famiglia che cosa dicono?
«Per Cristina il calcio è una iattura, Enrico è tifosissimo della Lazio e a scuola è bravo, non come me».
Il futuro?
«La Lazio avrà ad aprile tre network, una rivista ufficiale, una radio web e un canale televisivo digitale, satellitare e web. Voglio informare, voglio contrastare chi mistifica. Ho intrapreso questo discorso che non riguarda soltanto la Lazio. Il mio slogan è non mollare mai. Ho il 67 per cento, anzi oltre il 67 per cento di azioni, non vendo, non venderò, saranno orgogliosi di quello che sto facendo per questa società».
Ma la squadra è a pezzi, Ballardini via, Reja sottratto all’Hajduk di Spalato, un po’ come Pandev...
«No, Pandev non aveva clausole rescissorie nel suo contratto, le ha stabilite il collegio arbitrale, Reja sì e le ha onorate, l’Hajduk non ha subìto il danno».
La chiamano Lotirchio.
«Scriva: Zarate, oltre venti milioni, in contanti. Matuzalem idem in contanti. Ho speso quasi 60 milioni, nessuna rata. Io».
A rate, le tasse.
«Sono stato il primo degli ultimi o l’ultimo dei primi. Poi hanno abrogato la legge che permetteva di spalmare i debiti con l’erario, 150 milioni più 140 di stipendi mai pagati. Scriva anche che quando presi la Lazio andai alla ricerca dei calciatori a parametro zero e tutti mi presero in giro, Lotito non spende, prende rottami. Da quella data in poi tutti si sono rinforzati con i costi zero...».
Che effetto le fa sedersi al tavolo di chi ha un portafoglio enorme e le banche alle spalle?
«Mi seggo e basta, ricevo la solidarietà di alcuni, non tutti, i colleghi, sono membro del comitato di presidenza federale, ruolo mai occupato prima da un club di Roma».
Teme di perdere Kolarov e Muslera?
«Temo che il sistema consenta a qualcuno di forzare la mano, di offrire cifre da capogiro, la norma non lo consente, vanno repressi, puniti, la legge c’è ma non è applicata. Vedersi scippare il patrimonio dall’interno del sistema stesso è la fine».
Domani Parma-Lazio, c’era una volta il boom, Cagnotti, Tanzi, la Cirio, Parmalat...
«Un calcio che non c’è più, vorrei che qualcuno se ne accorgesse, le meteore velenose hanno portato al fallimento e alla perdita di credibilità del sistema. Quello era un calcio drogato, io vado altrove».
Meglio un giorno da leone che...
«No, meglio una vita da purosangue, con tutti i tormenti».
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