nostro inviato a Pechino
Janek ha un motivo in più per affermare con convinzione ma senza che la madre lo ascolti, «sì, vedrete, mamma farà anche le olimpiadi di Londra». Ha una sacrosanta ragione nel pensarlo e sperarlo perché nella calca dopo il traguardo, quando il mondo si è improvvisamente riversato addosso a questa famigliola olimpica, è successa una cosa di cui molti di noi porteranno rimorso. A furia di domandare al marito i perché e i per come della moglie e al figlio più grande, appunto Janek, i perché e per come della madre, è successo che la famigliola si è persa la mamma sul podio.
«Io sono fiero di lei e adesso sono così felice, però la vedo allenarsi e non farei mai il suo sport
preferisco il calcio, mi piace di più. Il mio sogno? Giocare talmente bene a pallone da diventare forte come mamma».
Nella bolgia, mentre parla, i ragazzini sono guardati a vista dalla nonna, la mamma di Josefa, alle prese ogni tre per due con limbarazzante suoneria del suo telefonino. «La prima cosa che ho detto a mamma, appena scesa dalla barca è stata
è stata
per la verità - si leva dallimbarazzo Janek - non le ho detto niente, lho solo abbracciata come piace a lei». Più in basso, a volte per mano alla nonna, a volte ribelle con le manine in faccia per non farsi riprendere dai fotografi («ha un carattere da vero sportivo, sarà il mio erede», dirà più tardi la Idem), Jonas guarda di tanto in tanto il fratello maggiore e Janek lo nota: «Jonas prima della partenza non voleva che la mamma andasse via verso il campo di gara
io lho abbracciata come sempre, le ho detto mamma vinci per me, invece lui si è messo a piangere, ha detto e allora io non faccio il tifo, e così è rimasto per quasi tutta la gara. Poi, quando ho cominciato a dirgli guarda che mamma è davanti, guarda che mamma va a medaglia, è scoppiato a ridere e non la smetteva più».
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