La Storia della lingua italiana per immagini curata da Luca Serianni (Edimond, in sei volumi) rappresenta uniniziativa editoriale senza precedenti non soltanto per lampiezza del corredo iconografico, ma anche per limpostazione per così dire narrativa dellopera, che vuole essere uno strumento di consultazione per tutti. Il primo volume (Stefano Telve, Dal latino allitaliano contemporaneo), ora in uscita, ripercorre la storia dellitaliano dagli albori ai giorni nostri, dandoci un quadro aggiornato ed efficace della sua evoluzione. I «volgari» della penisola, nati dalla trasformazione del latino, cominciano a profilarsi tra X° e XI° secolo, giungendo a maturazione nel Duecento con la poesia religiosa umbra e con la scuola poetica siciliana. Ma lidea di un «volgare» unitario degli italiani nasce con Dante e viene battezzata con la Commedia. È vero che la Toscana godeva anche prima di unindiscussa supremazia culturale, ma se Dante invece che fiorentino fosse stato senese, noi oggi diremmo «fameglia» invece di «famiglia» e «lengua» invece di «lingua».
Dante quindi è, in ogni senso, il «padre della lingua italiana». Dopo di lui Petrarca sarà lartefice di un linguaggio poetico destinato a durare fino al Rinascimento e oltre, influenzando la letteratura di mezza Europa, e Boccaccio darà al volgare la prosa narrativa. A fronte del latino, appannaggio dei dotti, il toscano vive nel Quattrocento una stagione di grande felicità letteraria, rappresentata dal Poliziano e dallo stesso Magnifico. Ma il frazionamento politico e dialettale rendeva precarie le conquiste, insieme linguistiche e culturali, ottenute ed era quindi necessario sistemarle e consolidarle a beneficio di tutti gli italiani. Nacquero così le Prose della volgar lingua di Pietro Bembo, che si aggiunsero a Gli Asolani, modello di «civil conversazione» per le corti del Rinascimento.
Nel Seicento litaliano è la lingua del pulpito e del palcoscenico, ma grazie a Galilei è anche, per un breve periodo, la lingua della scienza. Con lIlluminismo nasce lidea di una «repubblica letteraria» italiana e litaliano è sempre più la lingua della poesia (lingua della prosa è il francese) che grazie al melodramma conquista lEuropa. Attraverso Alfieri e Foscolo la «lingua del sì» diventa lemblema del patriottismo risorgimentale e con il processo unitario la lingua ufficiale della nazione, che vede in Dante il suo profeta. A ciò contribuisce in modo determinante linsegnamento di Manzoni, che, in assenza di una capitale politica, indica nelluso vivo di Firenze il punto di riferimento per i parlanti. Il principale veicolo di diffusione della lingua nazionale è, dopo lunità, la scuola, a cui si aggiunge, con lavvento del fascismo, la radio, attraverso la quale vengono messe a frutto le risorse comunicative della lingua, sempre meno toscana e sempre più italiana.
La carta costituzionale del dopoguerra fa dellitaliano un idioma «ufficioso» e così si annuncia una crisi che esplode negli anni Settanta, quando si comincia a parlare di una «lingua selvaggia» o «neolingua», sottratta ad ogni controllo grammaticale. I modelli letterari dellitaliano postunitario vengono gradatamente sostituiti dalle varietà settoriali più prestigiose (informatica, economia, medicina, psicologia, ecc...) e il vocabolario si depaupera, perdendo di idiomaticità, ossia di concretezza espressiva anche ai livelli medio-bassi. «La presente disgregazione della lingua nazionale - scriveva in quegli anni Alfredo Schiaffini - corrisponde alla disgregazione della classe colta, cui manca il prestigio di opere di alto significato».
Oggi litaliano appare come un insieme di usi piuttosto arbitrari, tendenti al ribasso culturale. È aumentata la tolleranza per gli anglicismi non assimilati e imperversa l«igiene verbale» del «politicamente corretto». Le insorgenze regionalistiche fanno il resto.
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