Pier Francesco Borgia
da Roma
«Tutto ciò che può essere utile per razionalizzare la spesa e la gestione degli enti lirici è il benvenuto». Stefano Zecchi, professore di estetica e assessore alla cultura del Comune di Milano, esordisce così alla notizia di un decreto ministeriale che sta per essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e sul quale vengono indicati modi e sistemi per contenere la spesa dei teatri lirici e al tempo stesso cercare di stimolare la fruizione degli spettacoli da parte delle fasce «deboli» del pubblico (giovani e famiglie).
Calmierare compensi e stipendi è una strada davvero praticabile?
«Credo sia sicuramente utile fornire un parametro da cui non si possa derogare. La mia pur modesta esperienza mi insegna, però, che si troveranno sempre i sistemi per ottenere deroghe».
Insomma, è scettico sul tipo di riforma.
«Il vero problema è che la lirica di tutta Europa, da Mosca a Londra, da Parigi a Vienna, viene a costare molto e questo perché i cachet dei grandi cantanti e dei direttori di fama sono alti quasi quanto gli ingaggi dei fuoriclasse del pallone. Senza di loro, però, è impossibile sedurre il grande pubblico».
Un cane che si morde la coda. Senza grandi nomi, niente grandi spettacoli.
«Quel che cè da fare è una rivoluzione copernicana. Posto che la nostra lirica rappresenta un punto donore del made in Italy. Non possiamo rinunciare alla qualità. Quindi lunica cosa da fare, almeno a mio avviso, è quella di limitare il numero degli enti lirici da sovvenzionare».
Proposta coraggiosa ma temo facilmente impopolare.
«Bisogna mantenere alta la qualità. Ed è impossibile farlo tagliando i fondi. Semmai si può parlare di altre misure da prendere e in questo senso vanno sensibilizzati gli stessi enti lirici».
Un esempio?
«Basterà citare la Scala di Milano. Che è divenuta grande anche dando spazio a dei giovani come a suo tempo lo erano la Tebaldi e Abbado. La grandezza di un teatro si vede anche nella sua capacità di stimolare nuovi talenti e di portarli a piena maturazione. È solo in questo senso che si può parlare concretamente di razionalizzazione delle spese».
Molti lamentano che la «razionalizzazione delle spese» conseguente alla Finanziaria porterà alla riduzione delle produzioni.
«In effetti cè il rischio che si renda ancor più elitaria la fruizione della lirica. Effetto ben lontano dallo spirito del nuovo decreto. E pensare che basta un po di buon senso per capire che due rappresentazioni della Traviata costano in proporzione molto di più di 8 repliche».
Si può rinunciare al Fus (Fondo unico per lo spettacolo)?
«Non si può lasciare tutto nelle mani del mercato. Certo è che la lirica sfrutta da sola oltre il 40% del Fus. Forse in questo senso la spartizione delle risorse andrebbe rivista».
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