Dopo le forzate dimissioni del presidente Mbeki, il direttivo dell'African National Congress ha designato il suo vice presidente Motlanthe a prenderne il posto fino alle elezioni della primavera 2009, quando a Capo dello Stato potrà essere eletto il nuovo leader Jacob Zuma. La brusca liquidazione di Mbeki e la possibilità di una modifica della sua politica liberista hanno causato inquietudine negli ambienti economici, inducendo lo stesso Zuma a invitare tutti i ministri a restare ai loro posti. L'uomo forte del governo e garante dello sviluppo, il ministro delle Finanze Trevor Manuel, ha contribuito a calmare le acque, facendo sapere che non intende dimettersi. Ma l'atmosfera rimane tesissima, e voci insistenti parlano di una possibile spaccatura dell’Anc, il partito che detiene oltre due terzi dei seggi in Parlamento, tra i moderati fedeli a Mbeki e i radicali che si sono impadroniti del potere.
Il Sud Africa, unica potenza economica del continente nero e aspirante a un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza, è in preda alle convulsioni. Fino a sabato aveva come presidente Thabo Mbeki, l'erede di Nelson Mandela che, nonostante difficoltà ed errori, aveva assicurato nove anni di sviluppo e si era guadagnato un certo rispetto all'estero, ma che il suo partito, l'African National Congress, ha costretto a dimettersi nove mesi prima della scadenza del suo mandato. Giovedì avrà un presidente provvisorio nella persona di Kgalema Motlanthe. Il suo compito, peraltro, sarà solo di tenere la poltrona calda per il nuovo leader, Jacob Zuma, che al momento non è eleggibile in quanto non fa parte del Parlamento, ma che come capo del partito di maggioranza assoluta ha la certezza di occuparla dopo le elezioni dell'anno venturo. È arrivata così a conclusione una faida settennale tra due uomini, Mbeki e Zuma, che ha ispirato a un settimanale sudafricano il titolo «Quando la politica diventa romanzo». Le conseguenze potrebbero essere drammatiche, perché molti temono che Zuma, che è arrivato al potere con l'appoggio dal Partito comunista, dei sindacati e dall'ala radicale dell'Anc, imprima al Paese una svolta a sinistra che spaventi gli investitori stranieri e, favorendo le masse dei diseredati e avviando una redistribuzione delle terre, comprometta la già difficile convivenza tra maggioranza nera e minoranza bianca che è stata il capolavoro di Mandela.
La storia comincia nel 1999, quando Mbeki e Zuma furono eletti rispettivamente presidente e vice-presidente. I due uomini non potevano essere più diversi, ma in un certo senso si integravano a vicenda. Il primo, di etnia Xhosa come Mandela, era un intellettuale laureato in Gran Bretagna, privo di carisma ma buon amministratore. Il secondo, Zulu, figlio di una cameriera che non ha mai preso neppure la licenza elementare, un populista abile nel sintonizzarsi con la gente. Ma il mix non ha funzionato, e dopo anni di scontri nel 2005 Mbeki ha approfittato dei guai giudiziari in cui si era cacciato il suo numero due per licenziarlo.
Due erano i capi di imputazioni contro Zuma, già poligamo confesso cui si attribuivano non meno di sei «mogli»: avere stuprato un'amica di famiglia trentunenne, tra l'altro con il virus dell'Aids, e avere incassato una tangente sull'acquisto di una partita di armi dalla Francia. Dal processo per violenza carnale, tuttavia, fu assolto, dopo avere spiegato alla corte che la sua vittima si era presentata a casa sua con una sottana molto corta, che si era seduta in modo provocante e che, pertanto, per un bravo «macho» possederla era quasi una questione d'onore. Comunque, per evitare il contagio, lui si era fatta subito una bella doccia. Il caso di corruzione, invece, si è trascinato per anni, tra rinvii, eccezioni e ricorsi, perché il processo che la Procura nazionale (sembra con l'incoraggiamento dello stesso Mbeki) voleva intentargli avrebbe potuto trasformarsi in un ostacolo insormontabile per le ambizioni presidenziali di Zuma. Invece, questi è riuscito, con una serie di mosse da grande scacchista, a trasformarlo in un boomerang per il presidente, che alla fine è stato costretto alla resa.
Il primo colpo è stato, nel dicembre del 2007, la cacciata di Mbeki dalla presidenza dell'Anc. Nel corso di un drammatico Congresso, gli uomini di Zuma hanno accusato il presidente di avere tradito il popolo sudafricano, favorendo uno sviluppo ineguale che ha dato vita a una borghesia nera che ormai viaggia in Mercedes e si è trasferita nei quartieri un tempo riservati ai bianchi, ma ha lasciato la massa della popolazione in condizioni di povertà, con una disoccupazione che si aggira sul 30%. I ribelli gli hanno anche rinfacciato (in questo caso giustamente) la stravagante idea, condivisa dalla sua ex amante e a lungo ministro della Sanità Tshabalala Msimang, che l'Aids non sia provocato da un virus e debba essere curato non con le medicine occidentali, ma con le erbe, con la conseguenza che la malattia si è diffusa come il fuoco nella prateria. Alla fine di questo processo pubblico, Zuma è stato eletto trionfalmente alla guida del partito e ha intrapreso senza indugio l'epurazione degli uomini di Mbeki da tutti i posti di potere. Come nuovo leader dell'Anc, egli è diventato anche automaticamente il candidato alla successione del presidente. Ma per essere eletto, doveva prima sgombrare il campo dall'affare delle tangenti.
Quali pressioni egli abbia esercitato sul sistema giudiziario nei mesi scorsi e quali minacce abbia messo in atto non lo sapremo mai. Fatto è che il 12 settembre scorso il giudice della Corte suprema investito del caso ha sentenziato che la procedura seguita per incriminare Zuma era stata irregolare e viziata da motivi politici e che pertanto, se si voleva procedere contro di lui, bisognava ricominciare da zero. Non era una assoluzione nel merito, ma lo strumento di cui il leader Zulu aveva bisogno per portare il suo affondo. Infatti, nel giro di tre giorni, ha ottenuto che il comitato centrale dell'Anc, prendendo spunto dal presunto abuso di potere da parte di Mbeki, lo invitasse a dimettersi immediatamente dalla presidenza; e Mbeki, stanco e rassegnato, ha gettato subito la spugna, pur cercando di difendere il suo operato in un breve discorso alla tv.
Ora, tutti si interrogano sulla vera personalità di Zuma: è davvero un radicale intenzionato a ridimensionare i poteri economici ancora in mano ai bianchi e a tentare soluzioni di tipo socialista, alla Chavez, o è solo un demagogo assetato di potere, che una volta arrivato al governo scaricherà i suoi alleati e continuerà la politica di Mandela e Mbeki? Molti sudafricani hanno paura, ma una risposta l'avremo solo quando l'uomo assumerà formalmente la carica di numero uno.
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