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Gli 007 di Vendola? Hanno i baffini di D’Alema

RomaVa bene che quando si è sotto schiaffo l’istinto porta ad agitarsi, ogni strumento sembra buono per uscirne, ma forse il governatore della Puglia sta esagerando, s’allarga troppo. Sta nell’occhio del ciclone, Nichi Vendola. Lo scandalo della malasanità nella regione che amministra rischia di travolgere la sua giunta e l’alleanza di centrosinistra che la sostiene. E certo non dev’essere piacevole per lui, farsi dare del «Berlusconi rosso» dai dipietristi per come reagisce alla piemme che sta indagando sui suoi casi. E passi pure che gridi al complotto ai suoi danni, il nostro è da sempre il paese dei complotti, tutti complottano o sono complottati. Ma addirittura chiamare in causa i «servizi deviati» come ai bei tempi andati, chi se lo sarebbe aspettato?
Incredibile ma vero, Vendola ha evocato quel fantasma in modo diretto e chiaro, in un’intervista a Repubblica: «Oggi non c’è più bisogno di un killer per ammazzare una persona per bene come me. Basta che un’abilissima manina - che lavora per scrivere veline o inviare suggerimenti ai recapiti più vari, da destra a sinistra - costruisca una campagna di falsità. Sento un antico odore che è quella della presenza dei servizi deviati, indirizzati o mirati. Il teorema è che tutti siamo uguali. Ma mi dispiace: io non sarò mai uguale a loro». Sospettate almeno un filo di mania di persecuzione? Piuttosto di grandezza, perché in verità è arduo immaginare che un apparato di sicurezza, dei servizi segreti per quanto «deviati», non abbiano di più conveniente o lucroso che prender di mira il governatore di una regione italiana nemmeno tra le più ricche e importanti. Tanto valeva chiamare in causa la Cia, il Kgb. Anzi e meglio, perché non la P2 di Licio Gelli?
Bisogna riconoscere che il governatore e leader di Sinistra e Libertà si smentisce da solo, perché dopo il colpo dell’«abilissima manina» e dei «servizi deviati», la giornalista che lo intervista gli fa notare, con doverosa professionalità, che in verità lo spaccato che viene fuori dalle intercettazioni telefoniche sulla Sanità non è però esattamente quello della «Puglia migliore». E Vendola ammette: «Io non so se siano stati commessi reati, ma è indubbio che alcune di quelle conversazioni sono sintomatiche di un diffuso malcostume. Che coinvolge tutti: dalla casta medica a segmenti del sistema d’impresa, alla politica. Avremmo potuto fare di più, è vero. Ma non abbiamo mai girato la testa e poi abbiamo fatto tanto, perché prima non c’era niente».
Alè, mal comune mezzo gaudio, così Vendola spara a zero sul suo predecessore, ed ora ministro, Raffaele Fitto, al quale augura più o meno la galera, all’indirizzo della Digirolamo dice di aver affidato con «rispettosa durezza» semplicemente «una riconsiderazione autocritica dei suoi comportamenti», e se l’Idv lo accusa di parlare della magistratura come fa il premier, risponde «ma non scherziamo!», lui ha «sempre confidato nella capacità di autoregolamentazione» del potere giudiziario. Come dire: ci pensi il Csm o qualcuno più potente della piemme con l’ex marito di centrodestra, a fermarla. E articolata, pluralista e democratica, è la risposta vendoliana al Pdl che gli rimprovera di diffondere messaggi intimidatori.
Ma se è così, perché prendersela e riesumare i «servizi deviati»? Il governatore ha forse dimenticato che l’ultima e più recente riforma dei servizi segreti nostrani, è stata fatta proprio da un governo di centrosinistra che aveva anche il suo convinto sostegno. E dimentica che le nomine di quei vertici sono ormai da un pezzo frutto di scelte bipartisan, come suol dirsi. Insomma, struttura e catena di comando sono articolate in modo che nessun spezzone dei servizi possa muoversi autonomamente e senza controllo.
Certo, quella dei «servizi deviati» è un’immagine cara alla tradizione della sinistra nostrana, un asso misterioso per spiegare stragi, bombe e presunti golpe. Ma oggi Vendola dovrebbe semmai prendersela con i servizi interi che prendono ordini da Palazzo Chigi e dai ministri competenti. Perché non lo fa? Forse perché non dimentica che la procura che sta indagando sulla malasanità pugliese è quella, e nella stessa inchiesta, che s’è allargata alle escort e ai festini a Palazzo Grazioli. Può essere la stessa «manina», che vuol rovinare insieme premier e governatore pugliese?
A meno che quella «manina» sia molto meno oscura e assai più vicina alle cose di Puglia. E che di questurino, abbia soltanto i baffini.

Ma sì, chi altro volete che complotti contro Vendola, se non Massimo D’Alema? È dallo sgarbo delle elezioni europee, quando Nichi si candidò in tutte le circoscrizioni e Massimo gli «consigliava» di non farlo, che si attendono le Idi di marzo delle prossime regionali. E se pugliese «coinvolge tutti», volete che non ne sappia nulla il deputato di Gallipoli?

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