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Allarme ammortizzatori: la legnata per le imprese

Il governo pensa di estendere la cassa integrazione a tutte le aziende. Per commercianti e artigiani previsto un esborso di 400 euro a dipendente

Allarme ammortizzatori: la legnata per le imprese

C’è un pezzo di riforma del lavoro che rischia di costare molto caro alle piccole e me­die imprese, agli artigiani, ai commercianti. Tra gli addetti al settore circola già una cifra: 400 euro in più in media all’anno per ogni di­pendente. Un salasso che peraltro colpireb­be una voce di spesa, il costo del lavoro, che in Italia è già oltre i livelli di guardia.

Il governo, sta studiano possibili interventi sugli ammortizzatori sociali. Il ministro Elsa Fornero, di fronte alle resistenze di Cgil, Cisl, Uil e Confindustria, ha rinunciato al grande piano che prevedeva sussidi il più possibile universali, la cancellazione della vecchia cas­sa integrazione e l’introduzione di un asse­gno di disoccupazione generalizzato. Un in­tervento sugli ammortizzatori potrebbe co­munque spuntare, anche perché le soluzioni proposte dai sindacati, da Confindustria e quelle del governo, per una volta, sembrano convergere.L’idea è di allargarela cassa inte­grazione anche alle aziende che non sono co­perte. Il governo Berlusconi lo ha fatto per questi anni di crisi con la cassa integrazione in deroga, coperta interamente con soldi pub­blici. E fino al 2013 questo regime è assicura­to. Per il post si sta studiando il passaggio a un modello assicurativo, i sussidi sarebbero in sostanza finanziati con contributi a carico delle piccole aziende. Un peso non indiffe­rente se si pensa che gli ammortizzatori in de­roga nel 2012 costeranno poco meno di due miliardi di euro, tra fondi statali e regionali.

Se venisse esteso il sistema della cassa inte­grazione ordinaria, in vigore per le grandi aziende anche alle Pmi, agli artigiani e ai com­mercianti, il contributo ammonterebbe al 2%. Se invece- e le proposte che circolano so­no di questo tipo- si decidesse di estendere la cassa integrazione straordinaria, quella che si attiva per gli stati di crisi, o uno strumento simile, la percentuale di contributi da pagare sarebbe circa dell’1,3%, un terzo a carico del lavoratore.

Attualmente per gestire le disoccupazioni, alcune categorie, in particolare gli artigiani, si affidano agli enti bilaterali gestiti da sinda­cati e dalle associazioni dei datori. Ma il con­tributo è molto inferiore a quello che la gran­de industria paga per la cassa.Trenta euro al­l’anno per coprire tre mesi di disoccupazio­ne contro le 52 settimane di cassa che costa­no, su un reddito di 20mila euro, circa 400 eu­ro.

Le piccole imprese per il momento non commentano. Nemmeno Rete imprese. La confederazione che unisce le principali asso­ciazioni del commercio e dell’artigianato, ie­ri è andata da Fornero proprio per parlare di ammortizzatori. Il ministro ha chiesto alle Pmi di fare controproposte. Nonostante la di­sponibilità al dialogo, tra i piccoli prevale la cautela. Se la riforma toccherà gli ammortiz­zatori il conto potrebbe finire a carico delle Pmi in cambio di prestazioni che al commer­cio, agli artigiani e alle micro imprese non ser­vono. Le ristrutturazioni possono riguardare l’industria,al massimo la grande distribuzio­ne, ma le piccole società di servizio, no.
«In questa fase il parere delle imprese con­ta molto», ha spiegato un sindacalista impe­g­nato nella trattativa con le associazioni dato­riali. Il fatto è che su questo gli interessi dei grandi non sono quelli dei piccoli. E Confin­dustria non vede con sfavore l’idea di fare pa­gare tutti per gli ammortizzatori.

La trattativa sulla riforma va avanti. Oggi i segretari generali di Cgil Cisl e Uil Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti faranno il punto. Poi incontreranno la presi­dente di Confindustria Emma Marcegaglia, in vista del prossimo incontro con il governo.

Era ufficiosamente in agenda per domani, ma è stato rinviato a data da definire.

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