Cronaca internazionale

"Banda del martello". La gang inguaia Ilaria

Il gruppo assalta membri della destra a colpi d’ascia e mazze: con l’italiana arrestato il "big" Edelhoff

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Se si dovesse tentare un paragone, si potrebbe dire che la Hammerbande (la Banda del martello) o Hammer gang ricorda in qualche modo la Volante rossa che subito dopo la fine della Guerra colpiva i fascisti. La Volante rossa però sparava e uccideva, qui siamo ai pestaggi, ai manganelli e alle asce. Finora in questa caccia ai fantasmi del passato nazista non è morto nessuno.

E però le aggressioni fanno paura. È la storia che va in cortocircuito. Del resto le notizie che arrivano da Budapest rimandano fatalmente a quel terribile 1945. A febbraio di quell’anno, poco prima della fine del conflitto, tedeschi e ungheresi tentano una disperata resistenza contro l’Armata Rossa, fra carneficine, rigurgiti di eroismo, culto dell’ideologia nazista. La potenza sovietica spazza via tutto, ma non la memoria che si fa in epoca recente commemorazione: è il Giorno dell’Onore, celebrato appunto a febbraio nella capitale ungherese da manipoli di esaltati nostalgici del Führer. A contrastarli arrivano altri giovani che però sventolano una bandiera opposta, quella appunto della Hammerbande, che dà la caccia agli estremisti di destra e li attacca.

Succede in Germania dal 2015, capita anche in Ungheria a febbraio 2023 con cinque blitz. I feriti, per fortuna, se la cavano con pochi giorni di ospedale, insomma gli episodi cruenti potrebbero pure finire lì, ma c’ è quell’ombra inquietante, quello spettro dell’Internazionale antinazista che si aggira per l’Europa nel segno del martello vendicatore. Presagio di morte, se solo si seguono le suggestioni che portano fino alla piccozza che sfondò il cranio del “traditore” Trotsky.

La Bild, popolare quotidiano tedesco, parla di sei arresti: cinque sono tedeschi, la sesta è lei, Ilaria Salis che si continua a proclamare innocente e viene portata in aula in condizioni umilianti, come un cane al guinzaglio. Salis rifiuta una sorta di patteggiamento a 11 anni, a sorpresa un coimputato si dichiara invece colpevole e accetta una pena molto più bassa, tre anni. È Tobias Edelhoff, arrestato su un taxi l’11 febbraio scorso, proprio insieme a Salis e alla terza imputata, in questo filone, per cui pure il processo prosegue. È un punto investigativo molto importante: Edelhoff non era accusato di fatti specifici, ma basta navigare su internet per scoprire che era già nel mirino della magistratura tedesca e il suo nome riporta proprio alle imprese della banda nata in Germania nel 2015.

Agguati e attentati vanno avanti da quel periodo, ma la polizia tedesca ha operato sempre con mano leggera, arrestando solo la presunta leader della formazione, Lina Engel, poi scarcerata e ora sotto processo. La polizia ungherese invece ha preso un’altra strada, più muscolare, cercando di disarticolare l’organizzazione cui farebbe riferimento l’«antifascista» Salis, come lei stessa si definisce.

Il padre Roberto Salis alza uno scudo a protezione: «Ho letto le ottocento pagine dell’inchiesta di Lipsia e Ilaria non compare da nessuna parte». E però la vicinanza con Edelhoff non aiuta: l’attivista viene coinvolto nell’indagine sul duplice attacco, nell’estate e nell’autunno 2019, al Bulls Eye, un pub di Eisenach, nel mirino della Hammerbande.

E ricompare con Salis sul taxi cinque anni dopo.

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