Cronaca nera

"Noi in trappola come topi. Così ho sparato allo straniero con la ruspa"

Il fabbro aretino lo scorso 5 gennaio ha ucciso il vicino albanese prima che quest’ultimo, alla guida di una ruspa, iniziasse ad abbattere l’abitazione dove era a cena con i propri familiari

"Noi in trappola come topi. Così ho sparato allo straniero con la ruspa"

Sandro Mugnai, il fabbro 53enne di Arezzo che ha ucciso il suo vicino di casa a colpi di fucile, è ancora sotto choc. Tornato a casa dopo quattro giorni di prigione ha confessato di vivere in un incubo. Al Corriere della Sera ha raccontato cosa è successo la sera del 5 gennaio scorso, la rabbia e la preoccupazione di quei minuti concitati che lo hanno portato a compiere un gesto tragico. Mugnai ha sparato al 59enne albanese Gezim Dodoli per evitare che quest’ultimo, alla guida di una ruspa, abbattesse l’abitazione. È accaduto tutto in poco tempo con il fabbro, che era a cena con i suoi familiari, molto preoccupato in particolare per la sorte del figlio e della moglie.

I fatti

“Ho agito per salvare la mia famiglia. Quell'uomo stava facendo crollare la nostra casa – ha dichiarato Mugnai – eravamo in trappola come topi. Non avevo altra scelta che sparare”. Il fabbro aretino è incensurato e mai in passato ha avuto problemi con la giustizia. Adesso è accusato di omicidio volontario, anche se lui si professa innocente. I suoi legali puntano alla legittima difesa. Sui motivi del suo gesto è chiaro: “Lo ripeto – ha spiegato – non avevo scelta. Eravamo in sette a tavola per festeggiare l'Epifania, la notte dei regali. Tutti allegri, tutti felici. C'erano mia moglie Maria Luisa, mia madre Fortunata, mio figlio Michele, mio fratello Massimo, sua moglie Maria Cristina e il loro figlio. A un certo punto sentiamo un frastuono in giardino. Mio fratello si è affacciato alla finestra e si è messo a urlare”. Dodoli era a bordo di una ruspa e stava distruggendo le auto in sosta. Poi ha cominciato a colpire la casa, colpendo la porta d’ingresso.

L’evento tragico

La famiglia di Mugnai era praticamente in trappola, impossibilitata a fuggire ed è a quel punto che il fabbro, disperato, ha imbracciato il fucile. “Pensavo che forse sarei riuscito a spaventarlo – ha continuato a raccontare – a farlo ragionare. E invece... Ha continuato a colpire la casa. Ho sparato il primo colpo di avvertimento a terra, ma lui non si è fermato. Gli infissi della casa si muovevano, cadevano calcinacci. I miei familiari gridavano disperati. Ho sparato ancora”. Mugnai ha giurato che mirava in basso, alle gambe, ma nella concitazione ha colpito l’albanese in punti vitali. “Ho salvato le vite della mia famiglia e la mia – ha detto –.Ma a un prezzo altissimo. Piango ancora per quell'uomo, però ripeto: non c'erano altre possibilità”. Eppure, sono ancora misteriosi i motivi del comportamento di Dodoli. L’unico episodio sospetto risale a un mese fa quando tra l’albanese e la madre del fabbro c’è stato un litigio. “Suonava la batteria alle due di notte – ha rivelato Mugnai – nient’altro.

Io continuavo a salutarlo”.

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