Cronaca nera

"Veleno nei capelli del feto". Per i pm il killer avvelenava Giulia Tramontano da mesi

Depositata la consulenza autoptica: come anticipato da ilGiornale.it, è stato trovato il topicida sia nel sangue della 29enne uccisa, incinta al 7 mese, che nei capelli del bimbo che portava in grembo

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Giulia Tramontano e il bambino che portava in grembo erano un ostacolo da eliminare a ogni costo. Per questo Alessandro Impagnatiello avrebbe avvelenato la compagna già dal primo trimestre di gravidanza. La conferma, dopo la notizia anticipata da ilGiornale.it nei giorni scorsi, è arrivata oggi. Le agenzie di stampa hanno battuto l'informazione poco fa, cioè solo dopo che consulenza autoptica è stata depositata oggi in Procura a Milano.

E da questa emerge che è stato trovato il veleno, cioè il Bromadiolone, sia nel sangue della ragazza che nei capelli del feto di sette mesi che portava in grembo. La pm Alessia Menegazzo e i carabinieri della squadra omicidi di Milano sono convinti che la somministrazione sia avvenuta nell'arco di diversi mesi con piccole dosi ma con un "incremento" della somministrazione "nell'ultimo mese e mezzo". Ed è questa una versione compatibile con le ricerche su internet effettuate da Impagnatiello già a gennaio su come avvelenare una donna incinta.

L'ipotesi principale della procura è che - almeno in un'occasione - Impagnatiello abbia provato (senza riuscirci) ad avvelenare Giulia Tramontano versando la sostanza tossica in una tazza con una bevanda calda. Non è escluso che lo scopo fosse uccidere il bimbo, così da rendere più semplice "abbandonare" la compagna. Se per gli investigatori questo quadro rafforza l'ipotesi del delitto premeditato (l'aggravante era stata esclusa dal gip) in assenza di ulteriori elementi potrebbe configurare invece l'ipotesi che il killer volesse "semplicemente" procurare un aborto alla compagna: un proposito orrendo, che però indebolisce sia l'ipotesi del tentato omicidio, che l'aggravante della premeditazione.

La giovane fu uccisa il 27 maggio di quest'anno, con 37 coltellate. Era ritornata nella casa di Senago, nel milanese, in cui viveva insieme al fidanzato per discutere con lui dopo avere avuto un confronto con l'amante-barista di lui, nel pomeriggio. Intorno alle 19.30, Impagnatiello ha preso un coltello da cucina e ha ucciso la fidanzata, per poi cercare di nascondere il corpo. L'ha bruciato prima nella vasca da bagno, poi nel box. Infine lo ha avvolto nel cellophane e lo ha coperto con dei sacchetti di plastica neri per poi gettarlo in un vicolo poco distante dall'appartamento. I poveri resti della ragazza sono stati ritrovati solo diversi giorni dopo, dopo la confessione del killer che si trova in carcere a San Vittore.

Per lui la gip ha escluso le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, contestandogli però i futili motivi.

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