Cronache

La capitana difende la manovra: "È stata solo disobbedienza..."

La capitana della Sea Watch chiede scusa ma rivendica la forzatura del blocco: "Temevo che i migranti si suicidassero". Ma la verità è un'altra

La capitana difende la manovra: "È stata solo disobbedienza..."

Carola Rackete fa una ricostruzione tutta sua di quanto accaduto venerdì notte nel porto di Lampedusa. Per prima cosa rivendica di aver forzato il blocco perché si trovava in uno "stato di necessità". E, nonostante la ricostruzione del Viminale lo abbia smentito che qualcuno a bordo stesse male, dice di aver temuto il suicidio degli immigrati. Non solo. Arriva addirittura a giustificare la manovra pirata, compiuta ai danni della motovedetta della Guardia di Finanza (guarda il video), spiegando che non si è trattato di "un atto di violenza" ma "solo di disobbedienza". Dichiarazioni, quelle rilasciate in una intervista al Corriere della sera, che faranno sicuramente discutere. La capitana sembra, infatti, non aver alcuna intenzione di porgere le proprie scuse all'Italia e agli italiani.

Nell'intervista rilasciata al Corriere della Sera, la Rackete ribadisce che l'urto con la motovedetta della Guardia di Finanza è stato "un errore di avvicinamento alla banchina". Tuttavia non fa mea culpa per quella forzatura al blocco imposto dal Viminale alla nave pirata dell'ong tedesca. "Non era mia intenzione mettere in pericolo nessuno", assicura. E aggiunge: "Per questo ho già chiesto scusa e lo rifaccio: sono molto addolorata che sia andata in questo modo". Nelle sue dichiarazioni ci sono sempre un'infinità di "ma" che di fanno dimostrano come la comandante tedesca ci tenga a rivendicare che quanto fatto venerdì notte andava fatto e che, se si trovasse di nuovo in quella situazione, lo rifarebbe tranquillamente. "La situazione era disperata. E il mio obiettivo era solo quello di portare a terra persone stremate e ridotte alla disperazione", si giustifica la 31enne nell'intervista.

"Da giorni facevamo i turni, anche di notte, per paura che qualcuno si potesse gettare in mare", spiega la Rackete che ora si trova agli arresti domiciliari nel centro di accoglienza di Lampedusa. "E per loro, che non sanno nuotare, significa: suicidio. Temevo il peggio. C'erano stati atti di autolesionismo". In realtà, quando kle autorità italiane sono salite a bordo della Sea Watch 3, non hanno trovato la situazione descritta dalla capitana. "Nessuno dei 41 immigrati scesi dalla Sea Watch presenta malattie o problemi particolari come scabbia o disidratazione", hanno fatto sapere al Giornale.it fonti del Viminale asicurandoci, tra le altre cose, che tutte le persone che si trovavano a bordo "sono state rifocillati" e "hanno passato una notte serena". Per nessuno di loro è stato, infatti, disposto alcun accertamento specifico né il trasferimento in elisoccorso verso l'ospedale di Palermo. "Resta quindi da capire a quale 'stato di necessità' si riferisse la ong - si chiedono le stesse fonti - per giustificare l'attracco non autorizzato con speronamento della motovedetta della Guardia di Finanza".

I malati e i bambini con i loro accompagnatori erano stati già fatti scendere a terra nei giorni scori con il via libera del governo italiano.

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