Cronache

Ira della polizia dopo lo sputo: "Reato di terrorismo di piazza"

Le proteste della polizia per l'assoluzione del manifestante che ha sputato all'agente: "Ora inserire il delitto di terrorismo di piazza"

Ira della polizia dopo lo sputo: "Reato di terrorismo di piazza"

Sputare in faccia a un poliziotto, a quanto pare, è un gesto "tenue". Chi spiattella saliva in faccia a un agente, schierato in piazza per garantire la tranquillità di una manifestazione, non merita dunque condanne. È l'Italia, bellezza. Ma stavolta la notizia dell'assoluzione di un giovane manifestante dall'accusa di oltraggio a pubblico ufficiale ha fatto infuriare le forze di polizia. Che da tempo chiedono di garantire maggior sicurezza e (soprattutto) dignità a quegli agenti costretti troppo spesso a subire le violenze della piazza.

"Ammettere o sminuire una offesa verso chi rappresenta lo Stato e le sue leggi è la più classica negazione del significato stesso della funzione incarnata dagli appartenenti alle forze dell'ordine", attacca Valter Mazzetti, Segretario Generale Fsp Polizia. "Fare ordine pubblico significa rappresentare difendere e garantire lo Stato, le sue leggi, i suoi cittadini. Infierire in qualsiasi modo contro un poliziotto che fa questo significa manifestare il più profondo disprezzo e la totale mancanza di rispetto per quello stesso Stato, le sue leggi e i suoi cittadini. E in quest'ottica non c'è tenuità che tenga".

Lo scoramento è tanto. E non solo per quest'ultimo caso. I poliziotti, i carabinieri, i finanzieri chiamati a gestire l'ordine pubblico finiscono spesso oggetto di lancio di petardi, bombe incendiarie, insulti, violenze. Rischiano la pelle. A volte muoiono pure. Ricordate Torino? Era lo scorso febbraio quando i manifestanti gettarono bombe colme di schegge per aumentare la pericolosità del petardo. Eppure, invece di condannare chi mettere a ferro e fuoco le città o sputa addosso alle divise, c'è chi vorrebbe inserire codici identificativi alfanumerici per schedare gli agenti. Non solo la sinistra, ma pure Amnesty International che cavalca questa (assurda) battaglia.

"Il sacrosanto diritto di manifestare le proprie idee e il proprio dissenso - continua Mazzetti - viene ormai sistematicamente strumentalizzato e stravolto da chi ha come unico scopo la devastazione della città e l’attacco premeditato alle forze di polizia quali rappresentanti dello Stato". Guai a difendersi, visto che ormai "offendere e persino aggredire fisicamente gli operatori della sicurezza" sembrano essere diventati "eventi quasi normali".

L'imperativo è "subire" senza reagire. Altrimenti il rischio è che impongano la schedatura del poliziotto. Ma è giusto? Che ci sta a fare un agente in piazza se deve stare attento più alle conseguenze che ai sassi che gli piovono addosso? "È indispensabile - continua il sindacalista - predisporre strumenti normativi che consentano di arginare efficacemente i diffusi comportamenti dei violenti che trasformano le occasioni di pubbliche manifestazioni in scene di vera e propria guerriglia urbana e, più in generale, tutelare l’incolumità fisica e la dignità professionale delle donne e degli uomini in divisa". In che modo? Semplice: introducendo nell’ordinamento il "delitto di terrorismo di piazza". Questo, conclude Mazzetti, "consentirebbe di perseguire, anche attraverso la previsione di eventuali arresti differiti, chiunque arrechi agli operatori in servizio di ordine pubblico sofferenze fisiche o psichiche, calpestando l’onore della funzione e, al tempo stesso, mettendo in pericolo la sicurezza".

Sempre che qualcuno poi non lo consideri un "fatto tenue".

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