Cronache

L'ultrà di Fermo resta in galera Manca il braccialetto elettronico

Amedeo Mancini, accusato della morte del nigeriano Emmanuel dopo una lite a Fermo, ha ottenuto i domiciliari. Ma è in lista d'attesa per il braccialetto

L'ultrà di Fermo resta in galera Manca il braccialetto elettronico

Amedeo Mancini resta in carcere. Accusato di omicidio preterintenzionale, già condannato dai vari Boldrini e Boschi come assassino razzista, scagionato dalle 6 testimonianze oculari a suo favore, l'ultrà di Fermo non trova pace. Il Tribunale il 5 agosto ha disposto la sua scarcerazione in favore dei domiciliari nella sua casa di Fermo. Ma non può andare perché mancano i braccialetti elettronici.

In Italia, secondo quanto afferma l'avvocato di Mancini, Franesco De Minicis, ne ha a disposizione solo 2mila in tutta Italia. E così l'ultrà deve rimanere in galera anche se le prime accuse a suo carico sono cadute tutte e "il Tribunale ha tolto definitivamente di mezzo le odiose bugie che circolavano nei primi giorni a carico" del tifoso.

La vicenda di Fermo e la morte di Emmanuel

Come noto, il 5 luglio scorso Emmanuel Chidi Nmadi è morto dopo una lite con Amedeo Mancini a Fermo. Secondo le ricorstruzioni e le testimonianze di sei testimoni presenti, l'ultrà avrebbe insultato il nigeriano e la moglie Chinyari, i quali poi lo avrebbero aggredito colpendolo pure con un palo stradale e picchiandolo per alcuni minuti. Solo alla fine Mancini avrebbe quindi reagito sferrando un pugno (mortale) a Emmanuel che è caduto a terra battendo la testa.

I primi rilievi sul corpo della vittima dissero che a causare la morte di Emmanuel è stato il marciapiedi e non il pugno di Mancini. Comunque il pm ha deciso di accusare l'ultrà per omicidio preterintenzionale. Molto meno rispetto a quanto fatto dal governo Renzi e da tutta la sinistra italiana che in meno di due ore lo aveva bollato come un assassino razzista. Tutto il mondo politico si fidò della ricostruzione della moglie della vittima, poi costretta a ritrattare la sua versione di fronte alle testimonianze (tutte concordanti) che la accusavano di essere stata lei la prima ad aggredire Mancini.

L'unico tra gli accusatori di Mancini ad aver mantenuto un contatto con l'ultrà è don Vinicio Albanesi, il parroco di Fermo che ospitava i due migranti nigeriani. Proprio da lui partì il "dagli al razzista" che travolse l'ultrà. Nei giorni scorsi però è andato a trovarlo in carcere e i due legali confermano a Libero che si è trattato "un lungo e sereno colloquio".

Avrebbero potuto parlarne a casa.

Ma mancano i braccialetti e Mancini resta in carcere.

Commenti