Cronache

È già iniziato l'effetto Erdogan. Ecco le nuove vie dei migranti

La rotta turca porta sempre più migranti in Calabria: ecco cosa c'è dietro gli sbarchi delle navi che partono dalla Turchia ed attraversano Egeo e Mar Jonio prima di giungere in Italia

È già iniziato l'effetto Erdogan. Ecco le nuove vie dei migranti

Basta un annuncio su un giornale per reclutare uno scafista e convincerlo a portare un carico di esseri umani in Italia? Sembrerebbe proprio di sì. E questa volta non si parla delle tratte che partono dal nordafrica, bensì di una nuova rotta che, ogni anno che passa, acquisisce numeri sempre maggiori nonostante resti in "sordina" sotto il profilo mediatico. Stiamo parlando della rotta che parte dalla Turchia.

Uno scafista arrestato a seguito di uno sbarco avvenuto in Calabria, racconta come riesce ad entrare all’interno dell’organizzazione criminale che porta una barca a vela con 50 migranti nel sud Italia. Si tratta di un giovane ucraino disoccupato, il quale inserisce in un giornale locale un annuncio in cui specifica di essere disponibile per un impiego: "Sono stato contattato telefonicamente da una persona – dichiara il cittadino ucraino in una testimonianza resa agli inquirenti e raccolta in un articolo apparso su La Verità – Mi ha proposto, per una paga di 2.600 euro, di effettuare un viaggio in barca, senza entrare nei particolari".

Una paga che, considerando le condizioni economiche in cui versa l'Ucraina, farebbe gola a tanti. E così il giovane accetta e segue le istruzioni di chi precedentemente lo contatta a telefono: “Sono partito assieme ad altre due persone di equipaggio da una città fluviale dell' Ucraina, dove una persona mi ha fornito i documenti e le chiavi della barca – si legge ancora nella testimonianza – Dal fiume abbiamo raggiunto il mare e ci siamo avviati verso la Turchia. Raggiunta la Turchia abbiamo sostato nei porti di Cannakkale e Babakale”.

Da qui poi la partenza verso l’Italia: al giovane ucraino viene pagato un acconto di 140 euro in lire turche, con tanto di ricevuta, e lui dirige una barca a vela con 50 migranti a bordo verso le coste della Calabria. Cinque giorni di navigazione senza alcuna sosta, prima di approdare in provincia di Crotone. A differenza di tanti altri viaggi che culminano con la fuga dei migranti e con gli scafisti che tornano indietro senza particolari problemi, questa volta il gruppo viene notato e l’ucraino fermato.

Ma questo altro non è che uno dei tanti episodi che accadono nella Calabria jonica negli ultimi mesi. Un flusso continuo di migranti, difficile da fermare sia per la rotta compiuta che per i mezzi usati: non si tratta di barchini di legno o di gommoni, come nel caso della rotta libica o tunisina, bensì di veri e propri yatch e di barche a vela, le quali spesso si confondono con quelle dei turisti dell’Egeo o dello Jonio.

Impossibile conoscere i veri numeri del fenomeno migratorio che coinvolge la rotta turca, in quanto il più delle volte i mezzi usati per lo sbarco dei migranti riescono a sfuggire dal controllo delle autorità italiane. Alcuni calcoli però parlano di almeno 700 ingressi illegali nel nostro territorio tramite gli sbarchi delle navi provenienti dall’Egeo.

A Roccella Jonica nei giorni scorsi viene scoperto un approdo di almeno 70 migranti tutti iraniani, da inizio settembre le persone entrate clandestinamente in Italia dalla Calabria sono almeno 220. A questi occorre aggiungere, come detto, i tanti migranti che arrivano con sbarchi mai scoperti i cui scafisti riescono a farla franca.

Una buona parte dei migranti che arrivano dalla Turchia proviene da Paesi asiatici, sono pochi invece gli africani e, tra questi, si contano perlopiù egiziani. Iraniani, ma anche iracheni, siriani, bengalesi e pakistani, sono queste le nazionalità maggiormente rintracciate tra i migranti intercettati in Calabria.

La testimonianza dello scafista ucraino sopra raccontata, dimostra come l’organizzazione che gestisce i flussi dall’Egeo verso l’Italia è transnazionale ed è ben ramificata nelle città costiere della Turchia. Ankara, dal canto suo, sembra fare poco: nonostante i miliardi piovuti da Bruxelles a seguito di un accordo del 2016, Erdogan ha solo parzialmente bloccato le partenze dal suo paese.

In realtà il flusso lungo la rotta turca non è mai stato arrestato del tutto, né verso i Balcani e né verso il Mediterraneo. Ed adesso che la Turchia minaccia a più riprese di interrompere l’accordo con l’Ue, la situazione rischia di deteriorarsi. In Grecia si assiste già ad un’impennata degli sbarchi, lungo i Balcani la pressione migratoria torna a crescere e l’Italia, di conseguenza, potrebbe vedere un ulteriore aumento delle barche a vela che clandestinamente fanno approdare decine di migranti in Calabria.

Una situazione non semplice, anche perché da parte sua il governo turco non sembra voler collaborare fino in fondo ed il coinvolgimento in questo traffico di un’organizzazione transnazionale non è un buon segnale.

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