Cronache

Regeni, l'urlo della manifestante: "Non è assassino come i marò"

Durante un Consiglio comunale a Trieste un consigliere accosta Regeni ai marò, scatenando la protesta di alcuni presenti

Regeni, l'urlo della manifestante: "Non è assassino come i marò"

“Giulio era un ricercatore, non un assassino come i marò” urla una giovane manifestante nell’aula del Consiglio comunale di Trieste durante la seduta del 10 ottobre dedicata al colpo di mano del sindaco, reo di aver tolto dalla facciata del municipio lo striscione dedicato a Regeni, il giovane studente brutalmente ucciso al Cairo.

La lapidaria frase sui marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, mai giudicati colpevoli da alcun tribunale, si sente forte e chiara in un video (guarda le immagini) girato da Emanuele Esposito e pubblicato da TriestePrima, un portale d’informazione del capoluogo giuliano.

L’oltraggio di aver tolto lo striscione giallo per Regeni ha silenziato la sprezzante accusa ai fucilieri di Marina del reggimento San Marco rientrati dall’India, dopo un’odissea giudiziaria durata 4 anni a non ancora conclusa. Nessun giornalone, che si era scagliato a testa bassa contro la decisione anti striscione del primo cittadino Roberto Dipiazza, ha riportato o minimamente stigmatizzato l’urlo contro i marò. La ragazzotta anti marò, assieme ad altri giovani agitati, aveva probabilmente appena partecipato alla manifestazione di protesta contro il sindaco indetta da Amnesty international sotto il Comune. Nel video, si vedono seduti al suo fianco, dei signori immobili e silenziosi con i cartelli e le magliette gialle pro Regeni.

La scelta del sindaco di Trieste di togliere lo striscione che chiede “verità per Giulio Regeni” è una boiata. Piuttosto sarebbe stato il caso di aggiungere una semplice parolina: “Tutta” la verità per il giovane friulano che aveva studiato a Trieste. Non solo quella a senso unico contro l’Egitto, che ha sicuramente le mani sporche di sangue, ma pure sul ruolo più che ambiguo dell’università di Cambridge ed in particolare dei tutor di Regeni, che l’hanno mandato allo sbaraglio. Chi alza gli scudi in difesa dello striscione dovrebbe ricordarlo, ma è sempre stata una verità scomoda, che all’inizio venne addirittura bollata come “depistaggio”. Come dovrebbe ricordare non tanto il caso marò ed i loro striscioni censurati, ma il silenzio di tomba sui due ostaggi italiani uccisi in Libia lo scorso marzo. Una verità “nascosta” dal nostro governo, non quello egiziano, ma i due connazionali tornati a casa nelle bare erano solo operai, non illuminati ricercatori, che lavoravano per la pagnotta. Ed anche per questo sono vittime di serie B, se non di serie Z come ha scritto Rosalba Failla, una delle vedove.

Proprio l’accostamento al caso marò di Piero Camber, capogruppo di Forza Italia, che fa parte della maggioranza al Comune di Trieste, ha scatenato lunedì scorso il parapiglia. Dopo l’urlo “Giulio era un ricercatore, non un assassino come i marò” è scoppiato il caos con vigili urbani e agenti della Digos, che hanno faticato ad espellere i giovani e rabbiosi contestatori.

Toni Capuozzo, veterano degli inviati Mediaset, ha ricordato nel suo blog su Tgcom24 che gli striscioni per Regeni di Amnesty international “non fanno male a nessuno, ma sono un pannicello caldo. O, peggio, un simbolo identitario. Lo stesso che provocò polemiche in un comune della bassa friulana dove il sindaco ebbe la giusta idea di esporre in contemporanea lo striscione che chiedeva la verità per Regeni e quello che chiedeva giustizia per i due marò”.

La zarina del Pd, Debora Serracchiani, che governa il Friuli-Venezia Giulia, ha subito lavato l’onta dello striscione rimosso dal municipio piazzandola in bella vista, nella stessa piazza, sul maestoso palazzo della Regione. “Curioso”, come fa notare Capuozzo, “che nelle stesse ore a Rovereto, non dall’altra parte del mondo, viene ospitato il Segretario generale per le antichità egiziane, il dottor Mustafa Amin Mostafa. Semplice e nobile scambio culturale ? No, il segretario concede un’intervista in cui parla a lungo di Regeni, discolpando il governo egiziano e accusando della sua morte un qualche servizio segreto straniero interessato a rovinare i rapporti tra Egitto e Italia”.

Ancora più curiosa l’identità del nume tutelare di questi rapporti culturali. “Il senatore Franco Panizza, del partito autonomista trentino, ma eletto da un cartello che comprende anche il Pd - scrive Capuozzo - La cosa sfugge a Debora Serracchiani?”

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