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La trattativa che fa paura a Pd e azzurri

La trattativa che fa paura a Pd e azzurri

«Di Maio e Salvini sono già d'accordo per tornare al voto a luglio». Passeggia per il Transatlantico Dario Franceschini e in più di un capannello, con diversi interlocutori, ribadisce quella che è «più di una convinzione».

Secondo il ministro dei Beni culturali, infatti, i leader di M5s e Lega sarebbero decisi a dar vita ad un nuovo bipolarismo, spartendosi le spoglie dell'attuale sistema politico. Salvini lanciando un'opa sul centrodestra, Di Maio completando l'opera di assimilazione dell'elettorato del Pd. E questo dovrebbe avvenire tornando il più velocemente possibile alle urne.

Uno scenario, quello che descrive Franceschini, assolutamente plausibile. Perfino probabile se, non solo nel Pd ma anche in Forza Italia, si registra una certa agitazione per il canale di dialogo che si è aperto ormai da giorni tra Lega e M5s. Sul tavolo c'è la spartizione delle presidenze delle Camere (il Senato ai Cinque stelle e Montecitorio al Carroccio), ma in molti sospettano che il confronto sia a più ampio raggio. Magari non su un governo M5s-Lega che, come faceva notare ieri in Transatlantico Ignazio La Russa, comporterebbe che Salvini accetti di fare il secondo di Di Maio. Più probabile, invece, che si stia discutendo di un esecutivo che possa velocemente rimettere mano alla legge elettorale per poi, appunto, tornare alle urne. Certo, è quasi impossibile che la tempistica sia così rapida come, stando alle parole di Franceschini, vorrebbero i leader di M5s e Lega. Lo sa bene anche il ministro dei Beni culturali - in grande sintonia con il Quirinale - che Sergio Mattarella non ha infatti alcuna intenzione di bruciare i tempi. Tornare alle urne prima dell'estate, insomma, appare altamente improbabile, ma è chiaro che se ci fosse un esecutivo-lampo che ritocca la legge elettorale garantendo la governabilità o se lo stallo dovesse perdurare sarebbe complicato per il Colle tirarla per le lunghe fino alla primavera del 2019.

Di certo c'è che il dialogo Salvini-Di Maio (ieri i due si sono anche sentiti al telefono) sta stringendo nell'angolo Forza Italia e Pd. Sia il partito di Silvio Berlusconi che i dem, infatti, sono contrari ad un rapido ritorno alle urne e si stanno spendendo per dar vita ad un esecutivo che abbia pochi punti programmatici e sul quale possano esserci le più ampie convergenze possibili. Un'ipotesi che però sembra scontrarsi contro la forza dei numeri sia alla Camera che al Senato. Con una differenza sostanziale tra Pd e Forza Italia, visto che gli azzurri sono in coalizione proprio con quella Lega che oggi sembra fortemente tentata dal giocare in proprio. Il tema, d'altra parte, è al centro di un serrato confronto nel partito di Berlusconi. Non solo perché la sensazione di molti è che Salvini pensi alla fuga in avanti, ma anche perché un equilibrio precario dentro la coalizione rischia di mettere in crisi la tenuta dei gruppi parlamentari già prima che la legislatura inizi (che, secondo i più maliziosi, sarebbe proprio quello che vuole il segretario della Lega).

Tutti temi di cui si è discusso ieri mattina a Palazzo Grazioli, dove l'ex premier ha ascoltato a lungo un Gianni Letta che definire perplesso sarebbe un eufemismo.

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