Cronaca locale

«La devoluzione la facciamo in Lombardia»

Il governatore agli azzurri: «Sinergia con Palazzo Marino»

Marcello Chirico

Le riforme sono state bocciate dalle urne referendarie, ma in Lombardia - dove i sì hanno prevalso - il vento riformatore continuerà a soffiare. E ad alimentarlo sarà quel federalista incallito del suo governatore, il quale ha preferito il Pirellone a Palazzo Madama proprio per poter continuare in Regione questo discorso. Per farlo gli serve però l’appoggio della maggioranza e, in particolare, del gruppo di Fi, che ha voluto radunare subito dopo il referendum per spronarlo al massimo impegno, avendo notato in molti consiglieri una diffusa rilassatezza nell’azione di governo. Da loro adesso vuole il massimo impegno per avviare due fondamentali riforme: della scuola e del lavoro, importanti tanto quella della sanità.
Agli azzurri ha pure chiesto massima collaborazione con giunta e consiglio milanese, perché «non ci deve essere neppure un ombra tra le nostre due amministrazioni», proprio per evitare che possa essere ipotizzato qualsiasi tipo di frattura tra Pirelli e Palazzo Marino (e la «comproprietà» di Borghini ne è la controprova).
Ieri si è tornato a parlare al Pirelli pure di rimpasto e presidenza consiliare. Formigoni sta avendo in questi giorni incontri coi partiti della Cdl proprio allo scopo di definire la nuova geografia di giunta: ieri è stata la volta dell’Udc, col proprio coordinatore regionale Luigi Baruffi, il quale è sceso dal trentesimo piano del Pirelli soddisfatto: «Abbiamo fatto un ulteriore passo avanti», ha detto. L’Udc vorrebbe l’assessorato all’Ambiente (ora della Dc), ma Formigoni pare intenzionato a darle Artigianato o Commercio. Il governatore ha incontrato anche l’assessore Dc Domenico Zambetti, comunicandogli che la sua permanenza in giunta dipenderà esclusivamente dalle mosse che attuerà il proprio partito. Una in particolare: le dimissioni, a Roma, di almeno uno dei suoi senatori lombardi.
Ancora ieri, a sorpresa, il centrosinistra ha chiesto per sé la presidenza del consiglio sostenendo, col leader dell’Unione Sarfatti, che «ora si apre una fase politica nuova: vogliamo essere interlocutori stabili del governo e svolgere un ruolo in Consiglio». «Un segnale di chiusura della Cdl farebbe male alla Lombardia: non è pensabile una politica senza collaborazione istituzionale», ha aggiunto il capogruppo ds Benigni. «Una richiesta surreale», l’ha definita il presidente degli azzurri Giulio Boscagli. «Sarebbe bella - ha aggiunto - una nuova stagione di dialogo, a cominciare dal Parlamento dove l’Unione ha occupato tutto». Chiusura pure dalla Lega: «La presidenza non è in discussione» ha detto il capogruppo Zanello, che ha ambizioni dirette su quell’incarico.

Al quale gli vengono preferiti gli assessori Cè e Albertoni, e non solo dal Carroccio.

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