Economia e finanza

Miliardi dalle banche. Così la Cina aiuta la Russia a non affondare

Le sanzioni occidentali hanno fatto scappare gli istituti di credito europei. Uno spazio prontamente occupato da Pechino

Miliardi dalle banche. Così la Cina aiuta la Russia a non affondare

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La Cina invade gli enormi spazi lasciati dalle massicce sanzioni occidentali in Russia. In questo caso non si parla di merci o rifornimenti bellici, bensì di finanza, prestiti e investimenti. Secondo gli ultimi dati elaborati dal Financial Times in collaborazione la Kyiv School of Economics, l’esposizione della Cina nei confronti del settore bancario russo è quadruplicata nei 14 mesi osservati.

I dati raccolti dalla banca centrale russa, guidata da Elvira Nabiullina, dicono che la Bank of China, la China Construction Bank, la Agricultural Bank of China e la Industrial and Commercial Bank of China, combinate assieme hanno aumentato la loro esposizione verso la Federazione russa da 2,2 miliardi di dollari a 9,7 miliardi di dollari. Un aumento del 340% in poco più di un anno. "I prestiti delle banche cinesi alle banche e agli istituti di credito russi, in cui lo yuan prende il posto del dollaro e dell'euro, dimostrano che le sanzioni stanno facendo il loro lavoro", ha affermato Andrii Onopriienko, vicedirettore dello sviluppo presso la Kyiv School of Economics.

Banche italiane, francesi e austriache le più esposte prima del conflitto

Prima dell’inizio del conflitto nel febbrario 2022, erano le banche italiane, insieme a quelle francesi, a essere tra le più esposte verso la Russia tra gli istituti finanziari d’Europa. Uno studio realizzato da Credit Suisse riportava infatti che per gli istituti italiani e francesi l'esposizione ammontava a oltre 30 miliardi di dollari.

La terza nazione coinvolta in questa vicenda era l’Austria con Raiffeisen Bank International; l’istituto di credito austriaco realizzava in Russia una quota di ricavi pari al 20%. La Raiffeisen, tuttavia, è andata in controtendenza rispetto al disimpegno generale europeo aumentando le sue attività nel territorio della Federazione russa di oltre il 40%, da 20,5 miliardi di dollari a 29,2 miliardi di dollari. La stessa ha cercato di smarcarsi dalle accuse di essere uno “sponsor della guerra” comunicando di essere alla ricerca di modalità per ritirarsi dal paese e da marzo è riuscita a ridurre la sua esposizione di circa 4 miliardi di dollari.

Dal dollaro al Renminbi

Prima dell'invasione più del 60% dei pagamenti per le esportazioni russe venivano eseguiti utilizzando dollaro ed euro, ora chiamate a Mosca le “valute tossiche”. La moneta cinese al tempo copriva meno dell'1% di questo mercato. Dallo scoppio della guerra i dati della banca centrale russa ci dicono che la quota di euro e dollari è scesa a meno della metà dei pagamenti delle esportazioni, mentre lo yuan è salito al 16%. L’aumento degli scambi valutari di renminbi evidenzia come i rapporti di forza tra Pechino e Mosca siano totalmente a favore dei primi e inoltre confermano i dati sulla solida unione economica tra i due Paesi che ha raggiunto la cifra record in scambi commerciali di 185 miliardi di dollari nel 2022.

Le mosse neo-imperilaliste di Pechino

Le mosse di Mosca e Pechino in ambito finanziario fanno parte di una più ampia operazione che vuole portare il renminbi anziché il dollaro statunitense o l’euro come nuova valuta di riserva in Russia. La dirigenza cinese sembra volersi candidare a leader del cosiddetto sud globale e porsi come interlocutore credibile agli occhi europei. L’unione economica con la Federazione russa non è solo strategica ma anche necessaria: Xi Jinping sa che le sanzioni a Mosca sono solo un preludio a quanto potrebbe accadere in Cina in caso di grane intorno a Taiwan.

La creazione di un’alternativa politica ed economica agli Stati Uniti sembra essere ormai più che una semplice priorità per Pechino.

Ammesso che ci riesca.

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