Economia

Dazi, spunta il piano B di Marchionne

Se la situazione precipita, ipotesi estrema: Alfa e Maserati prodotte anche negli Usa

Dazi, spunta il piano B di Marchionne

All'Investor Day dell'1 giugno, l'ad di Fiat Chrysler Automobiles, Sergio Marchionne, ha rimandato a dopo l'estate la parte del piano industriale con al centro il futuro degli stabilimenti italiani del gruppo.

Dagli Stati Uniti, il responsabile di Fca Powertrain, Robert Lee, rispondendo a una domanda di Bloomberg, afferma che l'azienda sta predisponendo una serie di iniziative di emergenza allo scopo di mettersi al riparo da eventuali danni causati dai dazi sui veicoli minacciati da Donald Trump. Lee non entra nei dettagli, ma fa cenno all'aumento dei costi che le vetture prodotte negli Usa subirebbero e anche a possibili revisioni delle programmazioni logistiche e produttive. Il problema è estremamente delicato e spiega anche perché Marchionne ha deciso di prendere tempo prima di aprire il capitolo stabilimenti. Per la parte italiana, i timori maggiori riguardano i marchi Alfa Romeo e Maserati, per il cui futuro il mercato americano sarà molto importante. Entrambe le produzioni ruotano attorno alle fabbriche di Cassino (Alfa Romeo); Grugliasco, Mirafiori e Modena (Maserati). E se l'applicazione di dazi tra il 20 e il 25% sulle esportazioni di vetture dall'Ue agli Stati Uniti colpisse anche la Ferrari di Maranello, le ripercussioni maggiori si avrebbero però su Biscione (soprattutto) e Tridente. Chi compra, negli Usa, un bolide del Cavallino rampante subisce sicuramente in misura inferiore il «peso» di una tassa aggiuntiva sul prezzo rispetto al cliente tipo della sfera Alfa Romeo.

Che cosa potrebbe accadere, a questo punto? E sempre se la situazione degenerasse? La decisione più difficile sarebbe quella di allestire linee produttive di Alfa Romeo e Maserati anche negli Usa, all'interno di impianti già esistenti. Oltre che complessa, sarebbe la decisione da prendere in ultimissima analisi, visto che Marchionne ha sempre negato l'ipotesi che sia il Biscione sia il Tridente si muoveranno, come produzione, dall'Italia. L'ad di Fca, però, non è nuovo a retromarce clamorose (il Suv di Ferrari che non sarebbe mai dovuto rientrare nei piani; la strategia sull'elettrificazione che ha sempre visto Marchionne molto più che scettico); quindi, le mani sul fuoco sulle future mosse sarebbe meglio non metterle.

Più verosimile, sempre se si dovessero creare le condizioni, potrebbe invece essere l'applicazione del cosiddetto Ckd (Complete knock down): le parti di un veicolo vengono prodotte in un Paese (almeno per il 70%) e poi spedite in un altro per l'assemblaggio finale, intervento dove la manodopera ha un ruolo più importante. La pratica non è nuova se si guarda all'industria automobilistica. Ma Trump accetterebbe un compromesso del genere? E le implicazioni occupazionali? Per Fca e i suoi vertici l'estate sarà molto calda anche perché, oltre al problema dei dazi, il gruppo attende di conoscere le decisioni delle autorità Usa a proposito delle emissioni diesel, vicenda che va avanti da ormai più di un anno.

La guerra delle tariffe, intanto, vede l'Ue prepararsi all'attacco e rispondere a Trump con contromisure sull'export Usa per 294 miliardi di dollari, l'equivalente del 19% di quanto esportato da Oltreoceano nel 2017.

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