Economia

Avete preso l'auto in leasing? Il Fisco si scatena: ecco come

Non bastavano i controlli sulle abitazioni in affitto, o il tetto al contante. Anche una banale auto in leasing può determinare accertamenti fiscali

Avete preso l'auto in leasing? Il Fisco si scatena: ecco come

Il fisco spia anche la nostra auto. Una comune macchina presa in leasing può essere indice di capacità contributiva. A deciderlo è stata la Corte di Cassazione. Al centro della questione, scrive Italia Oggi, c’è il redditometro, quello strumento nato per scovare chi vive nel lusso con redditi da fame. I magistrati sono intervenuti su una questione sollevata a seguito di un accertamento da parte dell’Agenzia delle entrate di Massa Carrara che, determinando sinteticamente il reddito del contribuente per gli anni dal 2001 al 2005, considerava quale indice di capacità contributiva, il possesso di un’autovettura.

Come dicevamo, il redditometro è uno strumento di accertamento sintetico del reddito che consente al potere pubblico una determinazione del reddito complessivo del contribuente basata sulla capacità di spesa del medesimo. La novità è la seguente: prima della sentenza di cui parliamo, il possesso di una vettura in leasing non appariva significativa ai fini di un accertamento sintetico dei redditi del contribuente. Nei precedenti gradi di giudizio si riteneva, infatti, che il possesso dell’auto non era indice di capacità contributiva perché il cittadino ne aveva solo la disponibilità in quanto bene in leasing. I giudici con una sentenza del 24 luglio scorso hanno capovolto la decisione, annullando con rinvio la decisione del collegio regionale toscano.

Ma non è tutto. In un’altra recente sentenza si è scoperto che il fisco ti insegue anche in camera da letto. Siamo nel campo delle tasse con lo Stato che non perde tempo, non esita un secondo, quando si tratta di andare a mettere sotto la lente i comportamenti, anche privati, degli italiani. In questo caso i giudici hanno decretato che sia giusto l’accertamento tributario se l’affitto pagato dal contribuente è troppo alto rispetto a quanto dichiarato nella dichiarazione dei redditi. Lo ha sancito la Corte di Cassazione che, con l’ordinanza n. 14060 del 7 luglio 2020, ha accolto un ricorso dell’Agenzia delle entrate.

Parlando di questo tema, cioè dei controlli dello Stato sulle nostre tasche, non si può non parlare di lotta al contante. La legge di Bilancio per il 2020 ha abbassato il tetto per i pagamenti. La misura, volta a favorire l’utilizzo del pagamento elettronico, vuol contrastare l’evasione fiscale permettendo il tracciamento delle spese degli italiani da mettere a confronto con le entrate.

Questa prima stretta all’uso dei contanti è partita dal primo luglio, mentre da gennaio 2022 il limite scenderà ulteriormente a quota 999,99 euro. L’obiettivo è incentivare la tracciabilità. Un vero e proprio attacco del governo contro i furbetti evasori. Misure che scontentano, allo stesso tempo, molte categorie di lavoratori. Ciò comporterà una riduzione progressiva, anno dopo anno, del denaro circolante. Qualunque cessione di soldi superiore ai 2mila e, poi ai mille euro (nel 2022), dovrà avvenire tramite canali tracciabili, cioè bancomat o carte di debito, assegni bancari e circolari, altri sistemi di pagamento tracciabile come, ad esempio, il bonifico.

Per tutti (compresi i dipendenti) il fisco nel caso di controllo antievasione potrebbe chiedere conto da dove provengono i soldi versati in banca. Un altro profilo a cui fare attenzione è la nuova comunicazione oggettiva sempre in un contesto antiriciclaggio. Banche, Uffici Postali e altri intermediari finanziari sono chiamati a comunicare all’Uif (l’Unità di informazione finanziaria) della Banca d’Italia chi movimenta contanti da 10mila euro a salire al mese (anche attraverso movimenti frazionati da oltre mille euro). Non si tratta di una segnalazione di operazione sospetta, ma servirà comunque ad accendere un faro su eventuali anomalie, soprattutto se ripetuta.

Dall’auto presa in leasing, fino alla casa in affitto, lo Stato ci controlla da vicino. Il problema è chiedersi se questa guerra all’evasione possa comportare limitazioni alle nostre libertà personali. Giorno dopo giorno, come in una trama orwelliana, il grande fratello ci dà la caccia. Senza esclusione di colpi.

E non è una buona notizia.

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