Letteratura

Il fantasma della vittima nera manda i bianchi all'inferno

Nel 1955 Emmett Till fu ucciso da due razzisti. Negli Usa del presidente Trump scoppia la tremenda vendetta...

Il fantasma della vittima nera manda i bianchi all'inferno

Ingredienti: due etti di Mississippi Burning, un etto e mezzo di La calda notte dell'ispettore Tibbs, un etto e mezzo di Django Unchained, un etto di Il buio oltre la siepe, due noci di burro di arachidi, due decilitri di olio di girasole. E tanto, tanto cajun a speziare il tutto. Quanto alla preparazione, è affidata a Percival Everett e il piatto, nonostante le sue componenti, ha un nome quasi da cucina molecolare (o concettuale): Gli alberi. Perché negli Stati Uniti agli alberi i bianchi appendevano i neri dopo averli linciati. Ma in Mississippi Burning i due agenti protagonisti sono bianchi, mentre qui sono neri; ma in La calda notte dell'ispettore Tibbs il bianco capo della polizia locale, pur se razzista e dunque indignato dal dover collaborare, in forza di ordini superiori, con un collega nero, alla fine si ammorbidisce fino al punto da portargli la valigia, mentre qui non ci sono redenti; ma in Django Unchained quello fra bianco e nero è tutto sommato un patto fondato sui dollari, mentre qui è tutto gratuito, compresa la vendetta; ma in Il buio oltre la siepe si va per vie legali, mentre qui di avvocati, deposizioni, prove e condanne o assoluzioni non c'è traccia.

Forse il motivo di tutti questi «ma» risiede nel fatto che non siamo né nel 1964, né nel 1967, né nel 1858, né nel 1932. Siamo a oggi, al 2019, e potremmo esserlo davvero ben presto, se le cose dall'altra parte dell'Atlantico dovessero continuare a peggiorare, e non soltanto per colpa dell'imputato Donald Trump (al quale, da presidente in carica, è dedicato un esilarante cameo). Con Gli alberi (La nave di Teseo, pagg. 378, euro 20, traduzione di Andrea Silvestri), il sessantaseienne scrittore statunitense mette infatti in scena il dialogo fra gli orrori del passato e la prospettiva di una resa dei conti sceneggiata in un crescendo di violenze nate da radici profondissime. La prima parola che leggiamo, posta a esergo, è un verbo dal tono esortativo: «Insorgere». A insorgere è sempre chi è stato deriso, emarginato, vessato, calpestato e infine appeso a un albero. Il nero muove perché il nero muore.

Money, Mississippi. Un bianco, Junior Junior Milam, viene trovato in casa sua massacrato fin quasi a renderlo irriconoscibile e poi strozzato con del filo di ferro. Inoltre alla vittima mancano i testicoli. Li stringe nelle mani il secondo morto, un nero, che è lì accanto alla prima vittima. Omicidio-suicidio? L'ipotesi dura lo spazio di poche ore. Per un motivo semplicissimo e assurdo: il nero sparisce dal loculo dov'era stato riposto. Trafugamento di cadavere o, peggio, fuga di presunto cadavere. Lo sceriffo Red Jetty è più perplesso che angosciato, e dai suoi due inetti vice non può aspettarsi nulla di utile. Dopo breve attesa, altro giro, altro macabro regalo: seconda vittima bianca, Wheat Bryant, e secondo morto nero che cammina.

Ma anche noi dobbiamo fare un piccolo passo indietro, tornando alla fine del primo capitolo, dove Nonna C, come tutti la chiamano, ovvero la madre della seconda vittima bianca, afferma quasi pensando al alta voce: «Ho fatto un grave torto a quel negretto. Come dice la sacra scrittura, chi semina vento raccoglie tempesta». E prosegue: «Non dissi che mi aveva detto qualcosa, ma Bob e J.W. insistettero che l'aveva fatto, e così li assecondai e confermai la loro versione. Vorrei non averlo fatto, Gesù mi è testimone. J.W. odiava i negri». Ebbene, questa non è fiction, ma storia, l'ingrediente immateriale, ma il più importante, del libro di Everett. Nonna C. è infatti Carolyn Bryant, moglie di uno dei due uomini che nel 1955 furono accusati di aver ucciso in una cittadina del Mississippi il quattordicenne nero Emmett Till perché aveva osato rivolgere la parola a una ragazza bianca. L'altro uomo era J.W., il padre di Junior Junior. Accusati, ma alla fine assolti dal verdetto di una giuria composta da 12 maschi bianchi...

Torniamo all'omicidio di Junior Junior. Si muove subito l'Mbi (il Mississippi Bureau of Investigation) che da Hattiesburg invia sul posto due suoi agenti. Neri. Sono Ed Morgan e Jim Davis, chiamati a lavorare fra, come li chiamano loro, quei «bifolchi endogami». Ma loro non sono razzisti al contrario, tutt'altro. Sta di fatto che lo schema dei primi due casi diventa, giorno dopo giorno, un tragico e inquietante refrain: il bianco muore, indubitabilmente, e il nero, con tanto di testicoli altrui, in qualche modo si eclissa. Tocca al coroner, il reverendo Fondle, capo del Ku Klix Klan locale, tocca anche ai vice dello sceriffo. E poi la catena di delitti si allunga e si allarga anche in altri Stati.

Ed e Jim familiarizzano con una cameriera, Gertrude, poco nera e tanto simpatica, all'apparenza. E tramite lei conoscono un'altra anziana che, dopo la morte di Nonna C uccisa dal mix del rimorso e di un terribile incubo, riveste un ruolo chiave nell'intera vicenda. Si chiama Mama Z e, a dispetto dei suoi 105 anni, è ancora molto presente a sé stessa e attivissima. In casa tiene infatti un immenso archivio sui neri ammazzati dai bianchi negli gli Stati Uniti dal 1913. Ed e Jim si danno da fare al meglio, ma a Washington pensano che l'Mbi non basti, così entra in scena l'Fbi, rappresentato dall'agente speciale, nera, Herberta Hind. E poi occorre un medico legale che si rispetti: Helvetica Quip.

Intanto quel verbo, «Insorgere», monta come un'onda fino a lambire la Casa Bianca e risuona come una campana a morte. Diventando la colonna sonora di un film dell'orrore in cui, accanto alla banca dati di Mama Z, dobbiamo tener d'occhio una «Società di fornitura cadaveri» e dove i neri (che possono anche vantare alcuni emuli asiatici), vivi come sono vivi i morti viventi, diventano legione.

E il romanzo di Percival Everett assume il tono di un monito all'America.

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