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Unioni civili, se ne parla da vent'anni, ma i registri fanno flop

Se ne parla dal '93, ma ad oggi sono solo 2mila gli iscritti. Un tema che non interessa agli italiani?

Unioni civili, se ne parla da vent'anni, ma i registri fanno flop

Superata la critica del rischio di default, finito il governo tecnico, usciti dalla procedura sul deficit impostaci dall'Ue e tornati finalmente - nonostante le difficoltà - ad avere un esecutivo politico, l'Italia torna a parlare di provvedimenti diversi da quelli economici. La crisi certo è ancora al centro dell'attenzione a Palazzo Chigi, ma viene ora affiancata dagli altri temi cari ai partiti. Complici anche le leggi varate dagli Stati vicini, anche nel nostro Paese torna alla ribalta la questione dei diritti e in particolare quella delle unioni civili.

Un tema caro alla sinistra: nel 2006 i "Dico" erano tra i punti cardine del programma che portò alla presidenza del Consiglio Romano Prodi e poi arenatisi miseramente in Parlamento. Anche di recente il Pd ha dovuto fare i conti con le forze interne a favore di un riconoscimento delle coppie di fatto e quelle cattoliche contrarie: l'anno scorso il partito ha rischiato la spaccatura dopo le dichiarazioni di Rosy Bindi, relatrice, per altro, proprio dei "Dico". A spingere da sinistra c'è Nichi Vendola, da sempre promotore del riconoscimento delle unioni tra gli omosessuali.

Lentamente l'argomento si sta facendo strada anche a destra. Già a febbraio Silvio Berlusconi, seppur convinto che i tempi non sono ancora maturi, aveva aperto a una regolamentazione per le coppie di fatto. Negli ultimi giorni nel Pdl il dibattito si è fatto più pressante, prima con le dichiarazioni di Sandro Bondi e poi con Giancarlo Galan, che ha annunciato anche un disegno di legge.

Mentre la politica discute se riconoscere solo alcuni diritti o se istituire dei veri e propri matrimoni gay, i Comuni si sono portati avanti. In diverse città il registro delle coppie di fatto è già una realtà, seppur simbolica. Accolti in pompa magna da organizzazioni omosessuali e associazioni varie, non hanno dato però i frutti sperati. Stando ai numeri riportati oggi da Repubblica sono appena 2mila (tra coppie etero e omosessuali) in tutto il Paese (137 Comuni) quelli che si sono iscritti come "coppia" all'anagrafe.

Colpa dei pochi diritti che i sindaci possono garantire senza una legge nazionale organica, spiegano associazioni e amministrazioni. Resta il fatto che anche nell'"emancipata" Milano, dove il registro è stato inaugurato a settembre, le coppie che hanno scelto questo passo sono stati appena 650 (di cui appena un quarto omosessuale). Nel resto d'Italia i numeri sono ben più bassi e addirittuta a Gubbio - tra le prime a istituire il registro - si sono iscritti solo in due, fino alla chiusura dell'ufficio competente.

A ormai 20 anni dal primo creato a Empoli nel 1993, insomma, il registro delle coppie di fatto è rimasto un istituto simbolico, che non riesce a convincere gli italiani che lo etichettano troppo spesso come inutile o un modo per andare controcorrente.

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