Politica

La destra dice basta ai governi del Colle

La Meloni chiude il congresso attaccando "l'inutile laboratorio del Quirinale". Polemica con Storace sulle alleanze

La destra dice basta ai governi del Colle

Roma - «I primi passi di questo governo mi ricordano certe edizioni di libri scolastici: prezzi più alti in cambio di contenuti identici e nuova copertina. C'è uno spread troppo alto tra sogni e realtà: il giovane rottamatore sembra aver rottamato solo coloro che si frapponevano fra lui e palazzo Chigi, ricevendo persino i complimenti di Cencelli». Giorgia Meloni riceve la tessera numero uno del nuovo partito nato dal percorso di allargamento passato attraverso l'«Officina per l'Italia» e approdato in Fratelli d'Italia-Alleanza nazionale. Sceglie una squadra di giovani dirigenti provenienti dal «vivaio» di Azione giovani. E nel discorso di chiusura del congresso di Fiuggi pianta in profondità i suoi paletti «identitari», rivendicando il copyright della coerenza nell'opposizione ai «tanti governi nati nell'inutile laboratorio del Quirinale per esecutivi in provetta». «Io non avrò mai la presunzione di essere all'altezza di Giorgio Almirante, semplicemente farò la mia parte. Non lasciatemi sola». La Meloni insiste sui cavalli di battaglia: primarie, radicamento sul territorio, movimento giovanile autonomo. E poi l'accento sui valori. «Sogno che i giovani portino le magliette con l'immagine di Goffredo Mameli». E in nome del popolo italiano Fdi chiederà una legge elettorale che non porti in Parlamento i nominati, si batterà per la tutela del made in Italy, per la vita e per la famiglia. «Un conto è non discriminare i gay, un conto è consentire loro di adottare un bambino, un capriccio che prevarica il diritto del bambino». Ma anche «no» all'hashish e stop all'immigrazione. «Se necessario faremo un referendum per mantenere il reato di immigrazione clandestina perché chi vuole vivere in Italia deve rispettare i diritti e le norme del nostro Paese».

C'è spazio per una stoccata a Ncd e per chi ha appoggiato «governi non eletti dal popolo». Ma soprattutto per un affondo contro Francesco Storace. «La nostra casa vanta fondamenta molto solide. Qualcuno critica il fatto che nel nostro simbolo abbiamo una fiamma tricolore troppo piccola. Ma sarebbe curioso se questi andassero a candidarsi con Forza Italia». La controreplica di Storace non si fa attendere: «Se preferisce polemizzare con noi, con accuse che va ripetendo da giorni su candidature con Fi, è evidente che la ricerca di unità è una finzione. E io non vado dove non sono gradito. Lei con Berlusconi c'è stata per quattro anni da ministro, difendendolo come era doveroso nei voti parlamentari più scottanti. Eviti cadute di stile». Proprio sul presidente di Fi, la Meloni fa notare il consueto doppiopesismo della sinistra. «Se l'episodio della scuola di Siracusa fosse accaduto a Berlusconi gli avrebbero mandato tre o quattro avvisi di garanzia, da apologia di fascismo in giù». Il primo passo del nuovo corso è, comunque, l'investimento nei giovani. Il congresso elegge - oltre all'ufficio di presidenza con tutti i dirigenti di primo piano, da Ignazio La Russa a Gianni Alemanno, da Fabio Rampelli a Guido Crosetto, fino a Massimo Corsaro e Magdi Allam - anche l'esecutivo nel quale si ritrovano tanti ragazzi della cosiddetta «Generazione Atreju» cresciuti facendo politica, come Giovanni Donzelli, Carlo Fidanza, Michele Barcaiolo, Marcello Gemmato, Francesco Lollobrigida, Andrea Del Mastro, Gimmy Cangiano, Raffaele Speranzon, Federico Mollicone, Francesco Acquaroli, Carolina Varchi, Marco Scurria, oltre a dirigenti di maggiore esperienza come Isabella Rauti e Francesco Biava.

Una squadra che dovrà lavorare per definire il perimetro d'azione di un partito determinato a rappresentare una destra moderna, senza rinunciare all'eredità e ai valori di quella tradizionale.

Commenti