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Ecco la denuncia che inchioda l'Olivetti

Un ex dipendente di De Benedetti, oggi malato: "Nella sede di Milano l'amianto era ovunque". Fascicolo in Procura

Ecco la denuncia che inchioda l'Olivetti

nostro inviato a Ivrea

L'appuntamento è per la prossima settimana. «Andrò con il mio avvocato, Ezio Bonanni, dai carabinieri e firmerò la denuncia». È passato quasi mezzo secolo, ma solo ora Mario Pagani, tecnico informatico in pensione, presenta il conto all'Olivetti. Può sembrare strano a tanti anni di distanza, ma Pagani, che da quando è in pensione trascorre ore a inseguire il mesotelioma sui internet, ha una risposta per tutto: «Il registro della malattia della regione Lazio certifica che dalla prima esposizione all'amianto all'insorgere del male passano in media 45 anni. Io sono stato assunto all'Olivetti nel 1962, il mesotelioma si è manifestato a gennaio 2007. Esattamente quarantacinque anni dopo».

Stiamo parlando dell'Olivetti degli anni Sessanta, la stagione precedente l'ingresso di De Benedetti, ma è chiaro che l'indagine dovrà scandagliare tutta la storia dell'industria fino agli anni Novanta e tutti gli stabilimenti. Compreso quello di Milano, nel mirino dei legali della vittima: «Rimasi a Ivrea poco, poi fui trasferito sotto la Madonnina, nella sede di via Nuvolone. E qui l'amianto era dappertutto: nei computer e nei capannoni. Io adesso esigo che la procura ci dica cosa è successo in via Nuvolone».
Dunque, dopo Ivrea ecco il capoluogo lombardo. L'inchiesta sull'amianto targato Olivetti accelera e, in prospettiva, raddoppia. Undici indagati, a cominciare da Carlo De Benedetti e Corrado Passera, almeno venti morti accertate e molte domande cui dare risposta: cosa sapevano i vertici aziendali del pericolo amianto? E che cosa fu fatto, se fu fatto, per fermare quel contagio silenzioso e letale?
«Realizzavamo computer, chiamiamoli così, giganteschi, da fantascienza in bianco e nero, come il mitico Gamma 3. Erano a valvole, occupavano spazi colossali, l'amianto era nei trasformatori. E poi un po' ovunque, nei capannoni. Ma all'epoca l'asbesto era una consuetudine: ricordo la pubblicità su una rivista in cui si inneggiava alle case con il tetto in eternit. E ricordo che dopo il '68 cambiai e andai a lavorare alla Mistral, una fabbrica di semiconduttori. Lì addirittura usavamo i guanti e i tappetini in amianto».

Un impiego dopo l'altro. Pagani è una trottola e cambia ufficio e azienda. L'Olivetti è solo un flash del passato. Nel 2006 va in pensione e di lì qualche mese i ricordi tornano ad affollare il presente presentando il conto: mesotelioma.
«Nella disgrazia sono stato fortunato perché il male è stato diagnosticato subito, con grande tempestività. Avevo un tumore alla prostata e quello paradossalmente mi ha salvato: fra una radiografia e l'altra sono saltate fuori quelle macchioline sospette, mi hanno visitato e poi operato d'urgenza. Mi hanno tolto un polmone, sono ancora vivo e so di essere un'eccezione perché di solito la fine arriva in fretta. Molto in fretta». Invece Pagani è ancora qui a combattere e ha già vinto una prima, importante battaglia: «Dopo l'operazione sono andato all'Inail a chiedere una rendita, ma mi hanno fatto storie. Allora ho fatto causa: pensi che a Latina in tribunale non hanno avvisato nemmeno il mio avvocato, Bonanni, e hanno respinto la mia richiesta. In Corte d'Appello invece Bonanni è riuscito a ribaltare il verdetto: mi hanno riconosciuto un'inabilità al 50 per cento a partire dal 2008. Ho preso gli arretrati e ora percepisco mensilmente qualcosa come 600-700 euro». La Corte d'Appello ha addirittura raso al suolo il precedente verdetto, dichiarandolo nullo perché il legale non era stato nemmeno chiamato in udienza. Ma questo, se si vuole, è un dato burocratico giudiziario che attiene alla via crucis di un pensionato malato senza santi in paradiso. Per Pagani l'elemento più importante è un altro: «La sentenza, che si basa sulla perizia di un professore, dice che l'esposizione all'amianto verosimilmente, questo è l'avverbio che usano, iniziò nel 1962, all'Olivetti. So che può sembrare archeologia giudiziaria, ma è la verità. Del resto la Regione Lazio sostiene che l'incubazione media è di 45 anni. E adesso che passo gran parte del mio tempo su internet so anche che il picco della mortalità in Italia arriverà fra qualche anno. L'asbesto presenterà il conto più pesante intorno al 2020, poi comincerà la discesa in corrispondenza con la leggi antiamianto degli anni Novanta».

È strano vivere sospesi fra un passato remoto e un futuro incerto, ma questo è il destino di Pagani. Che almeno, fra un impegno e l'altro, non ha il tempo per lasciarsi andare alla paura e la confina in un angolino: «Domani vado in ospedale per un controllo di routine. Che poi routine non è, perché io convivo con un nemico cattivo, spietato.

Martedì invece sarò dai carabinieri: è ora di aprire il dossier Milano».

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