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Intervista a Maurizio Gasparri: "Perché ho divorziato da Ignazio"

Il senatore: "Idee e valutazioni diverse, voleva spazi propri"

Intervista a Maurizio Gasparri: "Perché ho divorziato da Ignazio"

Roma - Senatore Maurizio Gasparri, per quale motivo ha deciso di separarsi dal suo storico «gemello» politico Ignazio La Russa?

«Non ci sono stati litigi. La nostra separazione è stata dettata da motivi esclusivamente politici».

Qualcuno ha azzardato l'ipotesi di una separazione concordata.

«Macché, tutte balle. Nessun trucco. Berlusconi ha questa teoria dello spacchettamento, io sono sempre stato contrario. Sono stato capogruppo Pdl al Senato per tutta la legislatura. Ho svolto questo ruolo con convinzione e passione, tenendo unito il gruppo nell'armonia di tutte le componenti. Avrei trovato singolare svegliarmi l'ultimo giorno e dire arrivederci a tutti».

Nei giorni caldi della trattativa ha avuto la tentazione di percorrere la strada del nuovo partito per non spaccare una comunità?

«Non è stata una situazione positiva e neanche facile. Ma ho scelto di mettere davanti a tutto le idee e le valutazioni politiche. Non puoi aderire a un partito per amicizia».

Non l'attirava il ritorno all'identità originaria?

«Ho sempre vissuto i vari passaggi dall'Msi, ad An al Pdl senza rimpianti o nostalgie. Ho sostenuto la necessità di un partito unitario prima della nascita del Pdl, nel nome di un bipolarismo di stampo occidentale. E continuo ad essere poco convinto dei ritorni verso identità precedenti. Anche se stare insieme significa sopportare la fatica quotidiana della mediazione e della ricerca di sintesi».

Come spiega allora la scelta di La Russa?

«La Russa da tempo aveva maturato la convinzione della necessità di una lista in cui recuperare uno spazio proprio. Ne aveva parlato tante volte anche con Berlusconi. Ma la sua non è mai stata un'ottica di lacerazione».

Com'è adesso il vostro rapporto?

«Sicuramente in questi giorni ci siamo sentiti meno spesso del solito ma non c'è nessuna rottura di tipo personale. Abbiamo un'amicizia che dura dagli anni '80. Oggi abbiamo idee diverse, nel futuro si vedrà. Ma chi ci conosce sa bene che non ci saremmo mai prestati a un gioco delle parti».

Che impressione le fa pensare alla vecchia An divisa tra Pdl, Fratelli d'Italia, La Destra e Fli?

«Mi dispiace, avrei preferito un partito unitario di centrodestra a questa diaspora di energie. Ma oggi dobbiamo guardare al presente».

Perché un elettore di centrodestra dovrebbe votare il Pdl?

«Con tutti gli errori fatti non vedo di meglio nell'orizzonte politico per promuovere la difesa della famiglia, la lotta all'oppressione fiscale, la difesa della nostra identità culturale, la tutela delle ragioni del fare impresa».

La nuova formazione montiana può rubarvi voti?

«Vedo soltanto un approccio presuntuoso e accademico che ripropone una sbandierata superiorità intellettuale e morale non suffragata dai fatti. Fosse stato per me avrei anticipato di molto la fine del governo Monti».

Anche lei ritiene moralmente discutibile l'impegno in prima persona del Professore?

«Lo ritengo scorretto. Si è presentato come figura terza poi ha clamorosamente smentito se stesso. Ha imparato presto i trucchi della peggiore politica».

Se un governo politico avesse ottenuto i risultati di Monti quale sarebbe stato il giudizio?

«Vedo una enorme ipocrisia della grande stampa. Sicuramente a un governo di centrodestra questa immunità e questi sconti non sarebbero mai stati concessi».

Monti dice di voler creare il Ppe italiano. Contemporaneamente apre a Bersani che è nel campo opposto.

«Sì, la contraddizione è evidente e preconizza il tradimento dei valori del popolarismo. Il percorso è chiaro: creare un centro da mettere al servizio della sinistra.

In perfetta subordinazione».

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