Si vota con la pancia e con le tasche vuote
15 Gennaio 2013 - 16:21In realtà, "destra" e "sinistra" non sono uguali, visto che la gente si schiera ancora: o di qua o di là. E in cabina, al momento di tracciare la croce, è attratta dal colore: o rosso o bianco
Ha ragione Ernesto Galli della Loggia. Nell’articolo di ieri sul Corriere della Sera osserva che quasi tutti i nemici dell’antipolitica, a forza di odiarla e combatterla, senza accorgersi hanno finito per sposarla e adottarla in campagna elettorale. La medesima cosa è accaduta per la rottamazione proposta da Matteo Renzi: dapprima giudicata una follia dai partiti, poi smodatamente praticata. Per non parlare del populismo; termine usato a sproposito da chiunque per squalificare l’avversario,il quale di norma risponde con la stessa moneta: populista sarai tu. Col risultato che non ci si capisce più niente.
Chi ascolta i dibattiti politici perde la trebisonda. Pensava che l’antipolitico per eccellenza fosse Beppe Grillo. Era lui che predicava la democrazia dal basso per sconfiggere i professionisti della cadrega. Adesso si scopre che sia il Pd sia il Pdl compongono le liste dei candidati scegliendoli fra giovani e donne; basta vecchie cariatidi, servono volti nuovi. E giù con gli elogi alla società civile da cui trarre la linfa per procedere al cambiamento.
Quale cambiamento? Per ora non si sa. L’importante è voltare pagina, sarà quel che sarà. Perfino Mario Monti, così sobrio e professorale, si dà da fare per reclutare, suppongo a casaccio, qualche nome a effetto, ma non si rende conto che, presentandosi agli elettori fra due angeli custodi quali Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini, disorienta chi è ansioso di novità. Aspettarsi freschezza di idee da due rispettabili signori da 30 anni in Parlamento, dal quale usciranno solo per trasferirsi all’ospizio, è quantomeno da ingenui.
Sono saltati i parametri tradizionali su cui si è basata per decenni la mappa politica. La lista di Antonio Ingroia reca nel simbolo il vocabolo «rivoluzione». Tra i candidati, oltre al leader, figurano vari magistrati o ex tali: difficile immaginare che vogliano sul serio sovvertire l’ordine costituito. Ma tant’è. Tra europeisti inossidabili, populisti, rottamatori di fatto e innamorati della società civile è impossibile per l’elettore orientarsi.
I commentatori forniscono quotidianamente un contributo di confusione scrivendo che «destra» e «sinistra» sono categorie superate che resistono solo nella mentalità antiquata dei nostalgici della guerra fredda e, quindi, della Prima Repubblica a cui, però, non è seguita la Seconda né seguirà la Terza perché la Costituzione è un totem: non è stata mai modificata. L’impianto istituzionale è lo stesso di 65 anni orsono. In realtà, «destra » e «sinistra» non sono uguali, visto che la gente si schiera ancora: o di qua o di là. E in cabina, al momento di tracciare la croce, è attratta dal colore: o rosso o bianco.
Che poi entrambe le fazioni abbiano un programma né progressista né conservatore importa poco. Il cittadino fa una scelta forse non ideologica, ma sicuramente fideistica, pur consapevole che le buone intenzioni non verranno realizzate per un motivo semplice e drammatico: mancano i soldi. E la speranza di trovarli è talmente esile da sembrare un’illusione. Chi sarà,dunque,il vincitore? Lo decideranno gli umori e gli amori del popolo davanti alle schede.
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