Cronache

Spesa impazzita. Ringraziamo la "cara" sinistra

L'argomento tasse sarà tedioso, ma in un momento come questo diventa obbligatorio parlarne.

L'argomento tasse sarà tedioso, un tasto che a forza di essere pigiato si è consumato e produce un suono sgradevole, ma in un momento come questo, in cui il governo è alla ricerca spasmodica di altri fondi per sanare i buchi di bilancio, diventa obbligatorio parlarne. Tanto per cambiare, infatti, sono in gioco i nostri denari.

Cominciamo col ricordare che l'Italia è il Paese in Europa, forse nel mondo, detentore di un record non invidiabile: quello della quantità di imposte versate dai cittadini allo Stato, inclusi gli evasori poiché pure questi, quando consumano (dalla benzina agli alimentari, per tacere del resto), pagano accise e Iva salatissime.

Assodato un dato così importante, ragioniamo sul perché tutti noi siamo vessati dal fisco e, non bastasse, il governo si accinge ad approvare nuovi balzelli in misura tale da lasciarci in tasca pochi spiccioli, quanti forse non bastano neppure per sopravvivere. Ricordiamo che la spesa pubblica è sempre stata fuori controllo e incrementata dai partiti, interessati soltanto al consenso (indispensabile per la conquista e il mantenimento del potere) e insensibili al bene comune.

Occorre aggiungere che nel 2001, poco prima delle elezioni per il rinnovo del Parlamento, l'esecutivo di centrosinistra (presieduto nell'ordine da Prodi, D'Alema e Amato) modificò a maggioranza il Titolo V della Costituzione e conferì alle Regioni una serie di attribuzioni dello Stato. Una sorta di decentramento introdotto probabilmente per contrastare il monopolio della Lega in materia di autonomie locali. A giudicare dai risultati finanziari, fu un tragico errore. Difatti la spesa regionale in un decennio è cresciuta da 89 a 200 miliardi. Più che raddoppiata, pur tenendo conto dell'inflazione.

Contestualmente, la spesa nazionale, anziché calare per effetto del trasferimento dal centro alla periferia di tante competenze, è a sua volta aumentata di quasi il 18 per cento. Va da sé che se il centrosinistra non avesse commesso lo sbaglio di ritoccare la Costituzione in modo dissennato, oggi il nostro debito pubblico sarebbe entro limiti accettabili e tale da non farci correre alcun rischio da indurci a chiedere agli italiani ulteriori sacrifici fiscali.

Pertanto, quando Pd e soci addossano a Silvio Berlusconi la responsabilità dell'attuale situazione debitoria dicono il falso. La colpa principale è dei progressisti e dei governatori spendaccioni. Ciò tuttavia non solleva il centrodestra dalle proprie, di responsabilità in materia finanziaria. L'entrata in vigore dell'euro inizialmente ci favorì, perché gli interessi sul debito pubblico scesero ai minimi storici, permettendo un notevole risparmio di liquidi che sarebbero stati sufficienti a realizzare una serie di riforme (come avvenne in Germania) idonee a modernizzare il Paese, predisponendolo al rilancio dell'economia e a una migliore organizzazione sociale.

In realtà, quei denari risparmiati grazie all'abbattimento degli interessi sul passivo furono impiegati per altri scopi: la creazione di consenso attraverso un incremento dei privilegi concessi alle clientele. Privilegi onerosi, ovviamente. Talché abbiamo sprecato l'occasione di allinearci alla Germania e di porci in condizione di essere competitivi con essa. E ora siamo in balia della Ue che presto assumerà il comando delle operazioni in casa nostra, obbligandoci a stare ai suoi ordini, pena il fallimento dello Stato. D'altronde siamo già in gran parte dipendenti da Bruxelles, e in futuro lo saremo ancora di più. È inevitabile. Come è inevitabile che Enrico Letta ci costringa a fare in poco tempo quanto avremmo dovuto fare nei 12 anni dal 2001 al 2013. Se non ne saremo capaci, l'Europa ci porrà di fronte a una scelta: o ci lasceremo commissariare o andremo nel famoso burrone in compagnia della Grecia.

Sta di fatto che il primo colpo mortale al bilancio statale fu dato dal centrosinistra nel Titolo V, e il secondo dal centrodestra che non comprese l'esigenza di attuare la rivoluzione liberale che aveva promesso di portare a compimento e che, invece, non iniziò neppure a fare. Adesso qualcuno deve riparare.

Chi? Noi, naturalmente, mentre i politici - tuttora ossessionati dal desiderio di vincere le prossime elezioni - si guardano bene dal colmare le lacune dovute alla loro incapacità di risolvere i problemi strutturali del Paese e pensano solo a se stessi.

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