Cronaca locale

Il manager interrogato: «Sono stato costretto a lasciare il mio posto»

La deposizione: «Chi mi ha sostituito costa di più ed è anche più vecchio»

(...) Nella ricostruzione compiuta a febbraio da Rizzo, la spesa sostenuta per l’infornata di manager supera i 9,4 milioni di euro annui: da moltiplicare per gli anni di durata del contratto, cioè fino alla fine del mandato di Letizia Moratti. Tra le spese più ingenti, i 339mila euro per due dirigenti dei settori Commercio e Politiche del lavoro; 149mila per il nuovo responsabile della Ricerca e dell'Innovazione; 257mila per i nuovi capi della Protezione civile e del servizio Poli formativi; 190mila destinati a retribuire il dirigente del settore Pubblicità. Tutti incarichi delicati nella macchina municipale, che il Regolamento comunale prevede possano essere affidati a esterni purché di «particolare comprovata qualificazione professionale». Ed è qui che, secondo l’esposto di Rizzo, accade l’inghippo.
Molti dei consulenti voluti dal sindaco non offrirebbero le caratteristiche previste dal regolamento. Numerosi gli esempi: Antonio Cecconi (Sport e Tempo libero), Riccardo Albertini (Politiche del lavoro) e Carlo Boselli (Demanio) vengono nominati dirigenti senza essersi mai laureati; alla Protezione Civile va Leonardo Cerri, indicato come dottore ma anch’egli mai laureato; alla Mobilità e trasporti viene nominato Pierangelo Berlinguer, che alle spalle ha solo un anno di dirigenza all’Arpa; capo della Pianificazione dell’assessorato alla Famiglia diventa Marianna Faraci, già esponente del comitato elettorale della Moratti, dal cui curriculum «emerge la totale assenza di esperienza dirigenziale»; e via di questo passo, fino al caso dei tre ex candidati alle elezioni rientrati in Comune come dirigenti (Riccardo Albertini, Carmela Madaffari e Marco Ricci).
Per fare spazio alle nuove infornate di capi, almeno una decina di veterani dell’amministrazione comunale sono stati convinti a dare le dimissioni. Con quali argomenti? Non sempre corretti, ritiene la Procura, che per queste pressioni ha indagato per concussione Borghini e altri due funzionari. I dirigenti silurati sono stati interrogati nelle settimane scorse. Gianfranco Privitera, ex responsabile del settore Edilizia sportiva per la Cultura, è uno di loro. Ecco il suo racconto.
«La mattina del 28 agosto 2006, giorno del mio rientro dalle ferie estive, fui convocato dal Direttore delle risorse umane e mi ritrovai a dover decidere entro cinque giorni davanti a una scelta secca: o accettare di andarmene firmando una rescissione del contratto a fronte della buonuscita di legge, o venire declassato. Mi diedero la certezza che non avrei avuto una posizione dello stesso livello precedente, e probabilmente mi sarebbe stato ridotto anche lo stipendio. Non mi diedero nessuna spiegazione sui motivi della decisione, si limitarono a dire che era stata presa dal nuovo gruppo organizzativo».
Poteva rifiutarsi di andarsene? «So solo che dopo avere cercato invano spiegazioni presso i miei superiori, di fronte alla prospettiva di avere un abbassamento di stipendio e all’amarezza di sentirmi chiedere di andarmene, nonostante una carriera di ottimi risultati e dedizione al Comune di Milano, firmai. Ero in Comune dal 1974, ma non mi sentivo pronto per la pensione e chi mi conosce lo sa.

E comunque al mio posto hanno messo un esterno più vecchio di me che oggi costa al Comune molto più di quello che costavo io».

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