Cronaca locale

«Dopo 50 anni di cucina penso a insegnare ai giovani»

La nuova vita di Sergio Mei, 20 anni al Four Seasons A Piazza Repubblica un ciclo di eventi a quattro mani

Mimmo di Marzio

«I premi e le stelle non mi hanno mai interessato e oggi, dopo 50 anni di onorata cucina, preferisco insegnare ai giovani e divertirmi». Parola di Sergio Mei, uno dei maestri indiscussi della cucina italiana che, a onor del vero, una stella Michelin la prese eccome nel lontano 1988, ai tempi in cui dirigeva le cucine del Palace Hotel di Milano della catena Ciga. Allora, per altro, fare alta cucina negli alberghi era una sfida difficilissima. «Quando l'Aga Khan mi nominò chef del gruppo, l'alta cucina non mi interessava: la mia stella polare è sempre stata la cucina italiana in tutte le sue forme e così è stato anche quando, per vent'anni, sono stato executive chef per il Four Seasons, dove ero responsabile di 150mila coperti all'anno, dalla colazione al sandwich, dall'aperitivo al dinner». Oggi Sergio Mei, cagliaritano classe 1954, dopo una breve parentesi alla catena Boscolo, ha mollato gli ormeggi e si dedica alla formazione, alla famiglia e ai grandi eventi. Come quello che mercoledì 13 dicembre lo vedrà esibirsi al ristorante «Piazza Repubblica» di via Manuzio in una cena a quattro mani con il suo ex pupillo Alex Brambilla, giovane talento lombardo doc. «Più che cena a quattro mani, io e l'amico Giorgio Bernasconi abbiamo preferito intitolarla Insieme, un format innovativo dove io e Alex creeremo negli stessi piatti differenti interpretazioni di prodotti stagionali e del nostro territorio: come la zucca, le lumache o i ravioli di pasta fresca», dice Mei che, da quando è ufficialmente in pensione, si dedica a tempo pieno a consulenze, eventi nelle case private, grandi cene di solidarietà. Apparire gli interessa poco, anche se sono tanti gli chef mediatici che vantano di aver imparato da lui. «Ognuno fa le sue scelte e rispetto i colleghi che vanno in televisione. Io però preferisco approfondire quel grande patrimonio che è la cucina italiana e mi piace condividere le esperienze al di là della competizione e del protagonismo. Insieme è un progetto che avevo già lanciato a Singapore e in Svizzera, ovvero mettere in gioco tradizioni ed esperienza in un'ottica di vera condivisione tra cuochi anche di diversa generazione. Lo considero un modo per trasmettere la cultura del nostro Paese attraverso il cibo».

Nell'era degli chef-star sarebbe quasi scontata l'idea di inaugurare un ristorante a suo nome. «Stavo quasi per farlo ma i partner non si sono dimostrati quelli giusti.

Oggi non lo farei più, voglio solo godermi la mia grande passione e, possibilmente, trasmetterla al prossimo».

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