Cronaca locale

Addio Mantegazza Lo storico rettore che ha cambiato l'università Statale

La prima volta che è entrato in aula con una scatola di gessetti colorati, non tutti avevano capito quanto quel professore avesse da insegnare. Poi, ora dopo ora, e ad ogni passo avanti della sua carriera, si sono resi conto che Paolo Mantegazza non era come gli altri. Da quel gesto semplice, grazie al quale legioni di studenti hanno potuto memorizzare più facilmente le sue lezioni, si sono dipanate tutta una serie di iniziative che formano una delle più ricche eredità per il sistema universitario milanese e italiano. E ora che è scomparso, il vuoto lasciato è immenso. «Sapeva ascoltare tutti, dal primo dei docenti all'ultimo degli addetti alle pulizie, con la stessa pazienza e umanità – ricorda Michele Carruba, allievo di Mantegazza e ora farmacologo della Statale – e dall'ascolto sapeva trarre decisioni volte al bene comune». E uno dei suoi lasciti più importanti è stato proprio un semplice gesto come l'utilizzo dei gessetti colorati. Ma non il solo: anche le sue passioni, come la musica, oltre all'allevamento dei canarini e alla coltivazione dei ciclamini, hanno lasciato un segno. Come la nascita, sotto la sua lunga reggenza (dal 1984 al 2001) dell'orchestra dell'Università Statale.

«Un uomo che ha saputo coniugare grandissima umanità – afferma Guido Coggi, ex preside della facoltà di Medicina – e rigore scientifico che ha permesso, tra gli altri risultati, di portare ad un alto livello la farmacologia milanese». Anche sotto l'aspetto scientifico il professore è stato uno dei più grandi innovatori del suo tempo: dalla ricerca vera e propria, alla capacità di riorganizzare l'università Statale, rendendola più moderna. Per il primo aspetto basti ricordare i suoi studi sui farmaci (..

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