Cronaca locale

Addio San Vittore? Picconata al carcere che non crolla mai

Il Guardasigilli Orlando: «Troppo vecchio, va chiuso» È solo l'ennesimo annuncio. E il penitenziario resta lì

Addio San Vittore? Picconata al carcere che non crolla mai

San Vittore era entrato per l'ultima volta nel dibattito nel maggio 2012 quando il Piano di governo del territorio del sindaco Giuliano Pisapia lo dichiarò inamovibile. «Anche perché rimanendo in centro, la gente si ricorda meglio dei detenuti» fu il suo evangelico commento. Caso chiuso dunque? Solo per un paio d'anni, perché ora il ministro di Giustizia Andrea Orlando ripropone lo spostamento in periferia. La vecchia struttura non è infatti più adeguabile ai parametri dell'Europa, che già ci bastona quotidianamente per la fatiscenza delle nostre prigioni.

«Ballon d'essai» o «Voce dal sen fuggita», le parole di Orlando apriranno ora il consueto psicodramma tra i milanesi, che, gira e rigira, al loro carcere sono affezionati. È stato celebrato dal cinema, dalla letteratura persino dalla musica, su tutte la famosissima «Ma mi» di Giorgio Strehler, la ballata del balordo rimasto «quaranta dì, quaranta nott/A San Vittur a ciapaa i bott/dormì de can, pien de malann!». Era il 1962, andavano di moda le storie della mala e Ornella Vanoni cantava «Hanno ammazzato il Mario in bicicletta/gli hanno sparato dal tram che va all'Ortica» cioè lo stesso malfamato quartiere dove «lavorava» anche il «palo» di Enzo Jannacci. E ancora «Canto di carcerati calabresi» o «Senti come la vusa la sirena», tutte popolate da personaggi che prima a dopo avrebbero dovuto fare i conti con San Vittore.

La struttura del resto di storie ne ha vissute tante, fin da quando venne inaugurato da Umberto I nel 1879 quando cioè, come dice il Grillo Parlante a Pinocchio: «Tutti quelli che fanno codesto mestiere (non lavorare o studiare, ndr) finiscono quasi sempre all'ospedale o in prigione». Venne subito celebrata come carcere modello o «Panopticon» perché con la sua struttura circolare permetteva a poche guardie di osservare molti detenuti e per di più senza essere visti. Nel 1900 vi fu brevemente rinchiuso l'anarchico Gaetano Bresci, l'assassino del «Re galantuomo», primo di una lunga lista di «politici». Che si allungò particolarmente durante il Fascismo e la Guerra, con nomi illustri come Indro Montanelli e Mike Bongiorno. Vi passarono anche molti ebrei, destinati ai campi di sterminio, trasformando San Vittore in un «monumento» ai martiri della Resistenza.

Nel dopo guerra tornò a essere quella «ratera» in cui era reclusa una «ligera» romantica e tutto sommato formata da poveri cristi. Il livello si alzò notevolmente negli anni Sessanta quando le grandi «batterie» di rapinatori iniziarono a martellare Milano in pieno boom economico. Bande locali, come quella di Luciano Lutring, o da «esportazione» come i marsigliesi di Albert Bergamelli e i torinesi di Pietro Cavallero. Poi Renato Vallanzasca, a San Vittore dal 1972, autore di un'evasione finita con una violenta sparatoria. I bagliori dei feroci anni Settanta si erano spenti da tempo quando il portone del carcere si aprì per far entrare Mario Chiesa. Iniziava Tangentopoli e in piazza Filangeri presero a stazionare le troupe televisive per filmare ingressi e uscite.

Negli ultimi 15 anni però, sparite le grandi «batterie» di rapinatori, usciti tutti i politici, San Vittore si riempie di stranieri fino ad arrivare a 2.400 carcerati su una capienza di poco più di 700. Poi ridotti progressivamente fino agli attuali 900, sui cui vigilano altrettanti agenti penitenziari. È allora che si inizia a parlare di spostamento, anzi di una grande «Cittadella della giustizia» dove far confluire tutti gli uffici giudiziari. Ma come spesso capita in questo Paese, la discussione, basata su questioni di praticità e di economicità, prende anche una piega «filosofica». «Portare in periferia i detenuti significherebbe dimenticarsi di loro» accusano cattolici e sinistra radicale.

«Che siano in centro o in periferia, dei detenuti ci si dimentica ugualmente, per ricordarsene solo in caso di rivolte» replica l'attuale reggente del Dipartimento dell'amministrazione giudiziaria Mario Pagano per anni direttore di San Vittore. «Un carcere all'avanguardia quando venne costruito, ed è tuttora bellissimo dal punto di vista architettonico e storico. Ma che non ha niente a che fare con una moderna struttura penitenziaria, come Bollate ma anche Opera. Molto meglio chiuderla e realizzarne una di nuova». Il suo ministro l'ha preso alla lettera lanciando la proposta di mandare in pensione la vecchia prigione.

Seguiranno solite polemiche.

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