Cronaca locale

Arriva «king» Hawkins la nuova stella del pianoforte jazz

Domani il compositore britannico sul palco del Manzoni con un sestetto internazionale

Luca Testoni

Sul connubio piano e jazz c'è una letteratura imponente. D'altronde, di carne al fuoco ce n'è sempre stata tanta. Come sono stati tanti i campioni del pianismo applicato al jazz: guardando al passato, è facile riscontrare un consenso unanime di critica e pubblico su musicisti del calibro di Duke Ellington e Thelonious Monk, mentre tra i contemporanei (si dice così, no?) è impossibile non citare come figure di riferimento il pirotecnico Cecil Taylor, il «poeta» Bill Evans e l'imprevedibile Keith Jarret.

Per il presente, complice la globalizzazione e la conseguente espansione del jazz su scala planetarie, la situazione è più che mai fluida, anche se più d'uno attribuisce la palma di pianista più originale ad Alexander Hawkins, in concerto domani mattina (alle 11) al Teatro Manzoni nel terzo appuntamento stagionale di «Aperitivo in Concerto».

Difficile, se non impossibile, dare torto a chi esalta il 35enne pianista di Oxford (ma ha studiato giurisprudenza nella «rivale» Cambridge...), noto per le sue proficue collaborazioni con protagonisti della scena musicale improvvisativa britannica quali il batterista Louis Moholo-Moholo e il sassofonista Evan Parker, e capace di muoversi con uguale efficacia nel complesso e variegato mondo delle avanguardie così come in quello della tradizione, pur avendo evitato una preparazione accademica al jazz.

Certo, Hawkins non disdegna il virtuosismo una volta che mette mano alla tastiera, ma il pianista-compositore britannico è apprezzato anche per il suo essere compositore e pensatore musicale in cerca del nuovo, anziché di riprodurre modelli triti e ritriti, pur emergendo la predilezione per Monk e Art Tatum, il be-bop e la scena free anni Sessanta. La sua parola d'ordine? Essere spontaneo e libero da condizionamenti.

Per la prima volta a Milano, si esibirà alla testa di un affiatato sestetto che comprende musicisti di eccezionale levatura come il sassofonista Jason Yarde e il contrabbassista Neil Charles, già collaboratore del celebre batterista Jack DeJohnette.

Completano la formazione, Otto Fischer alla chitarra, Jon Scott alla batteria e Dylan O Bates al violino.

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