Cronaca locale

Il bando sulle moschee scontenta tutti

«Non faremo in tempo per Expo». Musulmani delusi, sinistra arrabbiata e centrodestra contrario: un vero flop

I musulmani sono delusi, la sinistra non è soddisfatta, il centrodestra è contrario. Non piace a nessuno l'operazione dei bandi per quattro aree pubbliche da destinare a luoghi di culto. E le ultime voci che circolano a Palazzo Marino vogliono che anche il sindaco sia molto poco convinto della piega che sta prendendo la pratica. E a questo punto un nuovo rallentamento - se non un rinvio - è tutt'altro che improbabile. In effetti Giuliano Pisapia a Rimini ha dato l'impressione di voler fare un mezzo passo indietro, precisando che i quattro i terreni «non potranno essere assegnati tutti alla stessa religione». Quindi si parla di due, al massimo tre aree, da dividere fra le associazioni aderenti al Caim (che sono ormai una trentina) e l'altro grande polo dell'islam milanese, la Casa di via Padova. Troppo poco per far contenti i centri islamici, che avevano riposto grande fiducia in Pisapia e compagni, anche perché ormai è escluso che si possa concludere qualcosa per l'Expo, che inizierà ormai fra meno di dieci mesi. «Ormai i tempi parlano da soli» ammette sconsolato il coordinatore del Caim, Davide Piccardo. E non solo i tempi. «Il problema è anche la quantità delle aree» riflette Piccardo, paventando una «guerra fra poveri» che potrebbe aprirsi, in vista dell'assegnazione, fra i musulmani e i rappresentanti di altre religioni presenti in città. «Noi giudichiamo i fatti, non le dichiarazioni e le intenzioni - concede Piccardo - e questo bando è comunque un passo avanti, però speravamo che la questione potesse essere risolta davvero a un altro livello. Diciamo che il bando dà un segnale, anche se non risolve, almeno non completamente, il problema. È insufficiente, ma è un primo passo avanti». «Milano meritava di più - conclude - E noi continueremo con i nostri obiettivi».

È chiaro che l'obiettivo dei centri islamici era, ed è, una grande moschea, a cui magari affiancare la sistemazione delle attuali sedi: il mai sopito sogno del «Duomo con le parrocchie» come ebbe a dire il direttore dell'Istituto di viale Jenner, Abdel Hamid Shaari. Ieri il comitato di quartiere di Jenner-Farini ha sollecitato il Comune ad andare avanti per superare la «situazione attuale». Di sicuro c'è che sarà messa a bando un'area in via Esterle, che sembra fatta apposta per il centro di via Padova. E si sa che non sarà messa a bando l'area dell'ex Palasharp. Si parla di via Darwin e si parla di altre aree, di proprietà di privati, su cui il Comune potrebbe esercitare un ruolo di mediazione. Insomma, siamo distanti anni luce dal programma di Pisapia, che aveva messo nero su bianco l'idea di una «grande moschea», senza probabilmente avere idea di quale fosse la situazione dei centri islamici cittadini, divisi esattamente come il mondo arabo musulmano fuori da Milano. Si prospetta una guerra, magari anche di carte bollate, per avere un paio di centri, mentre per l'Expo la soluzione più probabile - in attesa che l'assessore Pierfrancesco Majorino chiarisca cosa intende fare - è un luogo di culto «ecumenico», in cui però potranno entrare solo i visitatori dell'esposizione.

Anche alle porte del capoluogo, poi, la situazione non appare meno confusa. «Nel Nord Milano - dice Roberto Di Stefano, consigliere di Forza Italia a Sesto - sta per nascere una grande moschea su un'area di 3000 metri quadrati, un luogo di culto per oltre 5mila musulmani. Una collocazione strategica, al confine con diversi comuni come Cinisello, Bresso, Cologno e Monza».

Ma «servono norme più restrittive» avverte, mentre chiede di fermare tutto.

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