Cronaca locale

Eros, miti greci e archeologia Le «metamorfosi» del genio

In mostra il rapporto tra l'arte del maestro di Malaga e l'iconografia del mondo antico, tra Pompei e Atene

Mimmo di Marzio

Mostra che vince non si cambia. E se c'è un artista, usando un irriverente paragone calcistico, paragonabile al successo di Cristiano Ronaldo questi è senza dubbio Picasso. Grande genialità, visibilità e pubblico assicurati, boom di introiti. E infatti per l'esposizione che si inaugura oggi a Palazzo Reale, la quarta a Milano dal celebre prestito del Guernica nel 1953, le prenotazioni sarebbero quasi centomila. Stavolta non si tratta di un'antologica, ma di una mostra che vuol dare un taglio curatoriale preciso per lasciare, come si suol dire, un segno. Il titolo accattivante, Metamorfosi, è un grande cappello sotto il quale la curatrice Pascale Picard raccoglie i dialoghi plastici che il prolifico maestro di Malaga intraprese con l'iconografia del passato. A cominciare dalla scultura arcaica, quella del suo amato Mediterraneo, alla pittura e ai modelli di terracotta del periodo etrusco, agli affreschi e ai reperti pompeiani, fino a quei soggetti mitologici che furono la fonte della sua ultima rivoluzione estetica. La nuova mostra di Palazzo Reale fa infatti parte della rassegna europea Picasso-Mediterranée promossa dal Musée Picasso di Parigi con cui la Cultura di Milano ha da tempo intrapreso una fruttuosa collaborazione. Le opere esposte, circa duecento, provengono soprattutto dal museo parigino ma anche da altre collezioni europee e, all'interno di un elegante (anche se un po' algido) allestimento, vengono affiancate da reperti provenienti a loro volta da musei archeologici. «Milano avrà due mostre in una», è stata l'osservazione dell'assessore Filippo Del Corno.

Il catalogo edito da Skira mette in copertina uno dei suoi celebri nudi dormienti, a simboleggiare quel mito di Arianna alter ego di figure ibride e mostruose largamente utilizzate da Picasso nel periodo successivo al 1930, primo tra tutti il Minotauro, ma anche divinità pagane come il Fauno e il Satiro. La mostra, suddivisa in sei sezioni, si concentra sulla grande rivoluzione estetica di un maestro che attinse dall'antropologia del mondo antico ma sempre per sovvertire i canoni accademici. Il percorso si apre con un rassicurante viaggio nella sensualità del bacio, tra dipinti e disegni che la curatrice decide di affiancare alla celeberrima scultura di Rodin ma anche al bacio di Paolo e Francesca di Ingres. La tensione certo più erotica dell'opera di Picasso sfocerà nelle sue odalische su cui incombe la violenza posseditrice del figlio di Pasifae, metà uomo e metà toro, concepito dall'unione con il toro inviato da Poseidone. L'ossessione per l'archetipo che incarna la doppia natura di potenza distruttrice e autodistruzione è rappresentata in mostra da una serie di disegni e acquaforti, su cui troneggia il celebre olio «Testa di uomo barbuto».

Più didascalici i virtuosismi concepiti da Picasso in relazione all'arte classica, frutto del viaggio in Italia del 1917, ma soprattutto in relazione con le sue numerose visite al Louvre. Interessanti i dialoghi che testimoniano l'ispirazione alle figure dei bassorilievi greci (come nei dipinti «Donna seduta», «Nudo seduto su una sedia» e il bronzo «Uomo stante»), e ancor più interessanti i riferimenti alla pittura dei vasi greci di epoca geometrica che, come si evince da diversi studi a matita, furono l'ispirazione per le figure delle Demoiselles d'Avignon, pietra miliare della storia dell'arte del '900.

I raffronti continuano anche nella piacevole sezione delle ceramiche, pratica che Picasso scopre nel Dopoguerra e che vede lo spagnolo choaramente ispirarsi alle forme e all'iconografia archeologica, soprattutto pompeiana.

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