Cronaca locale

Quel mostro e vampiro che anticipò la dittatura

Murnau s'ispirò al conte e venne condannato Il film fu distrutto, ma se ne salvò una copia

Stefano Giani

Nosferatu non fu solo un vampiro, benché fosse nato da costole nobili. Dracula era un romanzo di Bram Stoker e nel 1897, quando uscì, Friedrich Wilhelm Murnau aveva nove anni. Tanti per un uomo che se ne sarebbe andato a soli 42 e rotti mesi. Il precoce piccolino fece capire di che pasta era fatto quando, dodicenne, adattò - seppur a modo suo - Shakespeare e Ibsen. Quel giorno i genitori, un commerciante di telerie e un'insegnante, capirono che non ne avrebbero mai fatto né un filologo né uno storico dell'arte. A notarlo fu Max Reinhardt e Friedrich divenne un regista. Iniziò in teatro, ma rimase stregato dal cinema e la macchina da presa divenne lo strumento del mestiere.

Il conte dei Carpazi dovette restargli attaccato addosso se, proprio grazie a Nosferatu, Murnau raggiunse la celebrità. Il film uscì nel 1922, preceduto da pellicole delle quali ben poco è rimasto. Almeno nei suoi esordi. Eppure il vampiro fu figlio anche del Caligari di Robert Wiene e del coevo dottor Mabuse di Fritz Lang. Crocevia di un cinema che risentiva dell'espressionismo più che del Kammerspiel, Nosferatu va classificato nella categoria dei mostri. E, in particolare, di quelli che negli anni Venti rappresentarono la premonizione. Ovvero l'avvento dell'uomo forte, poi incarnato da Adolf Hitler. La Germania di Weimar questo chiedeva. E tutti e tre i personaggi avevano i requisiti pretesi dal popolo, sconfitto nella Grande Guerra, alla quale Murnau partecipò come tenente di fanteria e poi pilota.

Si invocava qualcuno che guidasse i destini, mostrasse volontà di possesso, succhiasse la linfa vitale per il bene della nazione. E Caligari dirige il sonnambulo Cesare alla fiera, come Mabuse tiene sotto scacco i suoi sgherri-schiavi e Nosferatu il destino degli sconosciuti. A leggere in chiave premonitoria questa fase del cinema tedesco fu Siegfried Kracauer. Il filosofo, coetaneo di Murnau, interpretò l'anelito di rivalsa e vendetta di una nazione che sognava un dittatore in grado di traghettare la Germania tra i vincenti. Il cinema - che, a detta di Lenin e Mussolini stranamente concordi, «era l'arma più forte» - se ne fece interprete e Nosferatu divenne molto più di un semplice vampiro sonnecchiante nelle bare in un castello in Transilvania. Oggi, dopo un remake nel 1930 all'insaputa di Murnau e nel '79, ad opera di un altra coppia tedesca, Werner Herzog e Klaus Kinski, il film ha perso la valenza storico-politica individuata da Kracauer, ma resta un caposaldo della storia del cinema per la doppia caratteristica di indagare storie cupe, tipica dell'espressionismo e l'uso particolareggiato del primo piano ereditato dal Kammerspiel insieme all'agilità della macchina da presa. Ma se oggi Nosferatu è sopravvissuto lo dobbiamo al suo regista. Gli eredi di Stoker lo denunciarono per ragioni di copyright tradito e il tribunale diede loro ragione. Tutte le copie del film furono distrutte. Tranne una.

Quella nascosta da Murnau.

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