Cronaca locale

«Non ho ucciso l'amico Cappelletti» Cozzi ora si gioca la carta della fede

Processo d'appello per l'ex presentatore accusato di un altro assassinio

«Alfredo era il mio amico, il mio mentore, con lui condividevo l'intimità cristiana. Anche quella domenica eravamo andati a messa insieme. Non lo avrei mai ucciso». Alessandro Cozzi (nella foto, ndr), specialista in risorse umane, personaggio televisivo e assassino, è in carcere da otto anni, dal giorno in cui ammazzò il suo socio Ettore Vitiello. Ieri, forse per l'ultima volta, ha la possibilità di convincere i giudici di non essere colpevole anche di un altro delitto: la morte di Alfredo Cappelletti, fondatore della Innova Skills per cui anche lui lavorava, trovato senza vita in una pozza di sangue il 16 settembre 1998.

Allora la morte di Cappelletti venne archiviata come suicidio. Nel 2011, dopo che Cozzi aveva ucciso Vitiello, anche quel caso venne riaperto: le «analogie assordanti» tra i due delitti chiamavano inevitabilmente in causa Cozzi, che era stato il primo a scoprire il corpo esanime di Cappelletti. In primo grado, Cozzi è stato condannato all'ergastolo. Ieri si è aperto il processo d'appello. Cozzi porta addosso i segni del carcere: è gonfio, quasi obeso. Ma di testa è lucido e quando va a sedersi davanti ai giudici e ai giurati sa di giocare una partita decisiva.

Insiste a lungo sul tema della Fede: «Ho ucciso Vitiello ed è giusto che per questo stia in carcere. E se avessi ucciso anche Alfredo lo direi, perché continuo a considerarmi cristiano, e so che ci si gioca ben più che vent'anni di prigione». In attesa del giudizio divino, però, bisogna fare i conti con quello degli uomini. Così Cozzi torna a insistere sui temi fissi della sua difesa, a partire dalla mancanza di un movente. «Non avevo nessun motivo di uccidere Alfredo, lavoravamo insieme, eravamo d'accordo anche sulle nuove scelte. Le uniche discussioni le avevamo perché io non condividevo la sua scelta di lasciare la famiglia. Anche quella domenica, dopo la messa, ero andato da lui in studio per continuare a parlare. Mi rimprovererò per tutta la vita di non averlo accompagnato a casa». Cappelletti, sostiene Cozzi, appena rimasto solo si uccise. Ma la Procura generale non si lascia convincere: appena Cozzi torna a sedersi in gabbia, il pg chiede la conferma dell'ergastolo. Prossima udienza mercoledì 27.

LF

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