Cronaca locale

Sala teste al processo Maroni «Non firmai il viaggio a Tokyo»

Il sindaco ha deposto ieri sul caso della trasferta Expo per una collaboratrice del presidente della Lombardia

Luca Fazzo

Al terzo piano del Palazzo di giustizia Beppe Sala dovrà tornarci prima o poi, e in veste più scomoda, per rispondere da indagato al sostituto procuratore generale Felice Isnardi, che lo accusa di avere falsificato le date su un verbale di Expo per non fermare l'appalto più importante, i lavori per la Piastra. Ieri il sindaco sbarca in tribunale nel ruolo più agevole di testimone, chiamato a deporre nel processo al presidente della Regione, Roberto Maroni. Ma la veste è comoda solo fino a un certo punto, perché anche in questo processo si parla molto dell'esposizione universale, e in particolare dei favori che Maroni avrebbe chiesto per una giovane donna del suo staff, Maria Grazia Paturzo, assunta in Expo e poi aggiunta alla missione in business class per Tokyo. Entrambe le decisioni, assunzione e viaggio in Giappone, spettavano a Sala, allora amministratore delegato di Expo.

Come se la cava ieri, Sala, in aula? Bene, quando a interrogarlo è il pm Eugenio Fusco; un po' meno quando a incalzarlo è l'avvocato di Maroni, Domenico Aiello. Inanella qualche «non ricordo» di troppo, e alla fine quando gli chiedono spiegazioni su altre missioni autorizzate a spese di Expo (compresa, incredibilmente, quella di una funzionaria mandata a New York in classe Magnifica, ovvero superbusiness, 8.400 euro di biglietto) dice testualmente. «A volte firmo in maniera seriale, sulla fiducia», spiegazione già fornita dal primo cittadino quando dovette spiegare le omissioni nelle dichiarazioni dei beni e dei redditi. In questo caso - dice il sindaco - faceva tutto Christian Malangone, «era il migliore interprete del mio pensiero»: Malangone, il manager di Expo che per questa vicenda è stato condannato a quattro mesi di carcere.

Per spiegare il proprio ruolo nella assunzione e nel viaggio a Tokyo (poi abortito, perché Maroni che era il capocomitiva preferì rinunciare) della Paturzo, Beppe Sala si aggrappa al pragmatismo di fondo con cui ha gestito tutta Expo: spiegando, in sostanza, di non avere rispedito esplicitamente al mittente le richieste di Maroni perché la Regione era socia di Expo e ci metteva un sacco di soldi. La richiesta iniziale del governatore, ricorda Sala, era di due assunzioni, collegate al «World Expo Tour» che il Pirellone intendeva varare e finanziare.

«Dopo la mia resistenza, Malangone mi disse: la Regione offre la disponibilità ma chiede che ci sia la contropartita. Io dissi: al massimo una sola assunzione, e per verificare il buon andamento del Tour diamo un incarico temporaneo, così vediamo un po'». Così la Paturzo entrò in Expo, contratto di sei mesi poi rinnovato per altrettanti. Ha mai letto il suo curriculum? Chiede il difensore di Maroni. «No, mai».

La faccenda, come è noto, si complica quando per il 2 giugno 2014 il governo programma una serie di missioni pro Expo nelle principali città del mondo, a Maroni viene chiesto di andare a Tokyo. E lui chiede di imbarcare anche la Paturzo.

«Malangone mi dice di questa richiesta della Regione, io prendo tempo, digli che ci stiamo pensando, se devo essere onesto non dico radicalmente di no. Dovevo seguire la procedura ma avevo a che fare con soci che erano i finanziatori della società, era la strategia della palla in avanti... Segnalavo i miei dubbi e continuavo a non autorizzare... La mia intenzione era far sì che la Paturzo non andasse a Tokyo, ma Malangone doveva convincere la controparte che non era il caso, ricondurli al buon senso». Ancora: «In un attimo ho deciso che non doveva andare. Da questo ad alzare il telefono e dire non ci va!... Con qualche normale tattica ho cercato di scantonare». E come si spiega, chiede il pm Fusco, che Malangone in una mail che invece sblocca il viaggio della Paturzo scriva «ok, capo allineato»? «Nella mia testa significa è il capo è informato, altrimenti avrebbe scritto il capo è d'accordo».

Sta di fatto che il biglietto per la Paturzo viene ugualmente prenotato, e solo il ripensamento di Maroni impedisce che il viaggio si compia. Come mai? Qui la spiegazione Sala la dà ai cronisti, a fine udienza: «Era solo una prenotazione prudenziale. Io non avrei mai autorizzato il viaggio».

Insomma, tutto per Sala, è accaduto rispettando le regole ma cercando di non fare arrabbiare la Regione. Perché un bravo manager fa così: «Un manager gestisce anche con la sua sensibilità manageriale, non tutto è proceduralizzato».

Si continua il 23 febbraio.

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