Cronaca locale

Il Tar: «Esclusa a torto da 3 gare» E ora il Comune dovrà ripeterle

Per un procedimento penale Palazzo Marino estromise la «Christian Color» dagli appalti: l'azienda ha vinto il ricorso

Luca Fazzo

Si direbbe: cornuti e mazziati. Sette anni fa per portare a casa un appalto sistemarono gratis il centro estetico della figlia di un dirigente del Comune di Milano. Secondo la Procura fu una tangente in natura; secondo l'azienda, fu un ricatto in piena regola cui dovette sottostare per continuare a lavorare per Palazzo Marino. Il processo non è ancora iniziato: intanto il Comune ha deciso che l'azienda inquisita non può più concorrere ad alcun appalto. Così per tre volte, l'azienda si è vista estromettere da altrettante gare. Ma ieri, con tre sentenze-fotocopia, il Tar ha dato torto a Palazzo Marino su tutta la linea. Col risultato che due delle tre gare d'appalto, che nel frattempo il Comune aveva portato a termine aggiudicando i lavori, dovranno venire rifatte.

Tutto nasce dall'inchiesta che nell'aprile del 2017 aveva portato all'arresto dei funzionari comunali Massimiliano Ascione, Stanislao Innocenti e Armando Lotumolo. L'ordine di cattura parlava di «numerose ed endemiche corruttele che governano e verosimilmente continuano a governare l'assegnazione degli appalti all'interno del Comune». Tra gli episodi sotto accusa, la ristrutturazione del beauty center della figlia di Lotumolo da parte del personale di una azienda di Taranto, la Christian Color, vincitrice dell'appalto per la sistemazione delle scuole milanesi.

L'anno dopo, nel 2018, il Comune vara tre appalti nel settore di attività della ditta pugliese: manutenzione di fontane e monumenti, interventi di bonifica dall'amianto, interventi di emergenza nei cimiteri. La Christian Color partecipa, e da tutte le gare viene esclusa per via del procedimento penale in corso. Secondo il Comune l'inchiesta della Procura e i «gravi illeciti professionali» emersi dalle indagini hanno causato la «irrimediabile lesione del rapporto fiduciario» con la Christian Color. Fuori.

Nel loro ricorso, i legali dell'azienda rimarcano che le accuse lanciate dalla Procura sono, per ora, solo accuse: c'è stata una richiesta di rinvio a giudizio, ma un processo non c'è ancora stato. L'azienda si considera più vittima che imputata. E ha diritto alla presunzione di innocenza.

Nelle loro tre sentenze, i giudici del Tar dicono che in realtà il Comune ha il potere di valutare autonomamente i fatti, prima o al di fuori delle inchieste della magistratura. Ma qui il Comune non ha valutato un bel nulla: si è limitato a copiare i fatti esposti dai pm nella loro richiesta di rinvio a giudizio, e a prenderli per buoni. Il diritto-dovere di controllo del Comune «non può essere incentrato su un automatismo».

E «pur comprendendo il disagio di un'amministrazione che si trovi di fronte a un aggiudicatario indagato in una vicenda penale che l'ha coinvolta, e dando atto che a fondamento dell'operato del Comune vi sia l'intenzione di tutelare l'interesse pubblico» il Tar «non può che annullare» i provvedimenti impugnati.

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