Cronaca locale

Il teatro scaccia-crisi: ecco gli spettacoli premiati dal pubblico

Ma sarà proprio vero che la crisi economica ha fatto contrarre, e di molto, il numero degli spettatori? Mentre i dati relativi al cinema lasciano pochi margini di dubbio, quelli riguardanti il teatro, perlomeno in area ambrosiana, sembrano quasi in controtendenza.
Da un sondaggio indicativo della redazione del Giornale, a Milano durante il 2013 la prosa si è difesa bene e i musical sono andati persino al contrattacco. Infatti le produzioni di spettacoli musicali, nel terribile biennio 2012-13, sono addirittura aumentate, senza nemmeno rischiare di farsi troppa concorrenza, a giudicare dai biglietti venduti. La classifica dei musical di maggior successo vede di gran lunga in testa «Priscilla. La regina del deserto», che ha radunato agli Arcimboldi più di 53.000 spettatori (dove però il cabaret «Ammutta Muddica» di Aldo, Giovanni e Giacomo ne ha raccolto ben 75.000), seguito da «Shrek» che, al Teatro Nuovo, ha fatto staccare 23.700 biglietti.
Sul fronte della prosa, i primi due spettacoli più visti a Milano sono entrambi andati in scena al Piccolo: sia «Panico» di Rafael Spregelburd diretto da Luca Ronconi, sia «Odyssey» di Simon Armitage con la regia di Bob Wilson, hanno richiamato all'incirca 20.000 spettatori. Ben 15.800 persone hanno assistito al Franco Parenti alle repliche del «Don Giovanni» secondo Filippo Timi. Terza in classifica, «La scena», la commedia di Cristina Comencini interpretata da Angela Finocchiaro e Maria Amelia Monti, ha fatto vendere al Manzoni 13.350 biglietti. Seguono il «Romeo e Giulietta» diretto da Ferdinando Bruni all'Elfo Puccini con 8.260 spettatori, «Sinceramente bugiardi» di Alan Ayckbourn allestito da Antonio Syxty al Litta con poco più di 3.000 biglietti staccati e la versione di Lorenzo Loris dei beckettiani «Giorni Felici» vista nellasala di corso Magenta da 1.420 persone.
I numeri sin qui elencati non sembrano esattamente «da crisi». È risaputo d'altra parte che quello del teatro è perlopiù un pubblico «comunitario», che cioè si sente parte di una comunità e che difficilmente viene meno ai suoi riti anche se ha meno denaro a disposizione: al massimo, nei tempi bui, si riorienta su spettacoli di buona drammaturgia messa in scena però con uno spirito non necessariamente punitivo, magari anche un po' leggero (che in fondo è pur sempre un bell'aggettivo).
Se il pubblico (forse) regge, gli incassi (probabilmente) si comprimono. Difficile stilare statistiche monetarie, per quanto allusive: nelle biglietterie è di prassi l'omertà. Ma chi è iscritto alle newsletter dei vari teatri sa quanto, negli ultimi tempi, le offerte di biglietti iper-promozionali (ovvero a un prezzo persino inferiore alla metà di quello intero) si siano moltiplicate. La legge del buon senso, ancor prima che quella del mercato, dice che è meglio mantenere il proprio pubblico anche a costo di gareggiare in sconti.

Magari in attesa di una legge che incentivi fiscalmente le sponsorizzazioni alla cultura e dia un po' di ossigeno anche ai teatri.

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