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Afghanistan, il terrorismo jihadista preoccupa gli Stati ex sovietici

Intesa per una task force ai confini, mentre gli Stati Uniti rivedono il piano per il ritiro delle truppe. Il consigliere di Obama: "Kabul da sola non ce la fa"

Uomini a cavallo, nel fotogramma da un video dell'Isis in Afghanistan
Uomini a cavallo, nel fotogramma da un video dell'Isis in Afghanistan

Il timore che il disimpegno dallo scenario afghano potesse fare del Paese nuovamente un terreno di conquista per i jihadisti era forte. Abbastanza da convincere la Casa Bianca della necessità di cambiare i piani in corsa e annunciare un nuovo piano per il ritiro delle truppe, che non avverrà durante l'amministrazione Obama, che puntava a chiudere la questione prima del suo ultimo giorno da presidente.

Così non sarà e per ora i soldati americani non torneranno a casa. Il loro numero sarà ridotto gradualmente, fino a quota 5.500 nel 2017, un piano ben lontano da quello iniziale, che prevedeva di lasciare solo una piccola forza militare a protezione dell'ambasciata a Kabul.

Non sono soltanto gli americani a temere per il futuro dell'Afghanistan, dopo la recente offensiva dei talebani, che per due settimane hanno occupato la città di Kunduz e ora sostengono di avere preso il controllo del centro di Bala Baluk, dove a lungo hanno combattuto gli italiani.

Gli insorti minacciano una guerra totale contro "le basi Usa nel Paese" e l'emergere prepotente del "capitolo" locale del sedicente Stato islamico, che si è conquistato le simpatie di diversi comandanti ex talebani, passati sotto i colori del Califfato, è motivo di preoccupazione per tutti.

Il timore che l'Afghanistan possa diventare un problema per la regione ce l'hanno infatti anche le repubbliche ex-sovietiche, riunite oggi in Kazakhstan per un vertice. Le agenzie russe riferiscono di una comune accordo per creare una task force che tenga sotto controllo i confini della Comunità degli Stati indipendenti, convinti che il terrorismo possa "penetrare nelle regioni dell'Asia centrale".

"Dobbiamo essere pronti a reagire in modo coordinato a questo scenario", ha chiarito il presidente russo Vladimir Putin, parlando anche delle operazioni in corso in Siria, dove Mosca ha iniziato una campagna aerea a supporto delle forze governative.

Il timore condiviso sembra quello che l'Afghanistan, da solo, per ora non abbia i numeri per stare in piedi. Lo ha detto ieri Barack Obama - chiedendo anche agli alleati di considerare tempistiche differenti per il ritiro - e lo ribadisce in un'intervista su Repubblica Bruce Riedel, consigliere che la Casa Bianca chiamò a rivedere la sua stategia nell'area e che ricorda che non ci sono solo i talebani o l'Isis, ma che pure al-Qaida "sta rialzando la testa".

Eppure non è solo l'Afghanistan a impensierire russi e repubbliche ex sovietiche. Molti sono quelli che dalla Cecenia e da altri Paesi nell'orbita di Mosca sono partiti per combattere in Siria o Iraq. "Da 5.000 a 7.000" a sentire le stime del Cremlino. E prima o poi potrebbero tornare in patria.

@ACortellari

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