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Se Greta se la prende con tutto: "Clima cambia per il razzismo"

In un articolo pubblicato su Project Syndicate, Greta Thunberg spiega che la clisi climatica non riguarda solo l'ambiente: "È alimentata dal colonialismo e dal patriarcato"

Se Greta se la prende con tutto: "Clima cambia per il razzismo"

"Dopotutto, la crisi climatica non riguarda solo l'ambiente. È una crisi di diritti umani, di giustizia e di volontà politica. I sistemi di oppressione coloniale, razzista e patriarcale l'hanno creata e alimentata. Dobbiamo smantellarli tutti. I nostri leader politici non possono più sottrarsi alle loro responsabilità". Così Greta Thunberg, in un articolo pubblicato su Project Syndicate e co-firmato dalle attiviste per il clima Luisa Neubauer e Angela Valenzuela (Fridays for Future di Santiago del Cile), cala le carte e ricicla gli slogan tipici della sinistra liberal politicamente corretta. Ed ecco che colonialismo e razzismo vengono tirati in ballo un po' a casaccio tra le cause scatenanti dei cambiamenti climatici, chissà su quali basi scientifiche. A dimostrazione che quella dell'attivista svedese è un'agenda politica a tutti gli effetti.

Il resto dell'articolo è il perfetto corollario del climaticamente corretto. Nulla di nuovo. "Innumerevoli trattative - osservano le giovani attiviste per il clima - hanno prodotto impegni importanti, alla fine vuoti, da parte dei governi del mondo" gli stessi governi che "consentono alle compagnie di combustibili fossili di trivellare sempre più petrolio e gas e bruciare il nostro futuro per il loro profitto". Eppure, affermano Greta, Luisa e Angela, "i politici e le aziende produttrici di combustibili fossili conoscono il cambiamento climatico da decenni. Eppure i politici lasciano che questi approfittatori continuino a sfruttare le risorse del nostro pianeta e distruggano i suoi ecosistemi in una ricerca di denaro rapido che minaccia la nostra stessa esistenza".

E ancora: "La concentrazione di gas serra nella nostra atmosfera ha raggiunto un livello record, senza alcun segno di rallentamento. Anche se i Paesi soddisfassero i loro impegni di riduzione delle attuali emissioni, stiamo andando verso un aumento di 3,2 gradi". Quello di Greta, in realtà, è il vero volto dell'ambientalismo radicale, un fenomeno populista a tutto tondo, come spiegato dal professor Alessandro Campi su Istituto di Politica, "a metà tra una moda politico-mediatica che si fa forte della nostra cattiva coscienza e un movimento di massa che inclina verso il misticismo para-religioso, sono tutti facilmente riconoscibili. A partire dal più elementare e costitutivo d’ogni populismo: la divisione del mondo in buoni (i molti) e cattivi (i pochi). I primi sono gli abitanti del pianeta (il popolo inteso in questo caso come umanità), i secondo sono i capi di governo e gli esponenti dell’establishment finanziario e industriale mondiale".

Ora il millenarismo apocalittico di Greta sposa le idee estremiste e radicali del pensiero liberal-progressista aggiungendo, al vocabolario climaticamente corretto, quello dell'attivista da centro sociale che inveisce, senza aver studiato la storia, contro le società patriarcali, il colonialismo, il razzismo. Un riflesso della politica dell'identità e del politically correct. Se Carola Rackete assomiglia sempre di più a Greta Thunberg, quest'ultima parla - e scrive - proprio come la Capitana della Sea Watch..

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