Cronaca locale

Corruzione, peculato e abuso d'ufficio: sei poliziotti finiscono nei guai

Gravissime le accuse a sei agenti, accusati di corruzione, peculato, concussione, falso, abuso d’ufficio, favoreggiamento.

Corruzione, peculato e abuso d'ufficio: sei poliziotti finiscono nei guai

Finisce nella bufera il commissariato di Partinico in provincia di Palermo. Sei agenti, infatti, sono stati rinviati a giudizio, insieme a tre guardie giurate e tre civili, dalla Procura di Palermo, per i reati di corruzione, peculato, concussione, falso, abuso d’ufficio, favoreggiamento e accesso abusivo ai sistemi informatici delle forze dell’ordine. Insomma una vera bufera rischia di travolgere uno dei più importanti commissariati della Sicilia.

Tutto è iniziato con alcuni esposti anonimi fatti pervenire alla procura di Palermo che ha affidato l’inchiesta al pm Francesco Gualtieri. Al centro delle attenzioni degli inquirenti alcune scorrettezze e richieste indebite di denaro come quella che sarebbe stata fatta a un cittadino, in regola con i documenti, per ottenere il porto d’armi. E sono stati gli stessi agenti del commissariato a cercare indizi per incastrare i colleghi, raccogliendo per mesi diversi elementi prima di chiudere le indagini e consegnare tutti i riscontri al pm.

Adesso rischiano di essere rinviati a giudizio i poliziotti Pietro Tocco (55 anni), la moglie Giuseppina Grillo (53), Giovanni Vitale (44), Fulvio Silvestri (46), Antonio Gaspare Di Giorgi (52) e Vincenzo Manzella (44). A questi si aggiungono i civili Carmelo Fratello (81), Vincenzo Manta (49) e Salvatore Scianna (51) e le guardie giurate Salvatore Davì (57), Daniele Di Maggio (37) e Marcello De Luca (38).

Tra i documenti consegnati al pm, alcune intercettazioni, fra le quali quella in cui emergerebbe che Tocco, Vitale e Silvestri si sarebbero appropriati di alcune borse contraffatte rubate e poi sequestrate, falsificando un verbale e omettendo di indicare quelle "sparite". Poi ci sono i capitoli relativi agli accessi abusivi al sistema informatico della polizia (in alcuni casi per verificare a chi appartenessero alcune automobili) e all’utilizzo della macchina di servizio per ragioni personali. E le denunce fatte ritirare in cambio della consegna di denaro alla vittima di un furto per proteggere chi aveva rubato un cellulare.

Fra gli elementi in mano alla pubblico ministero, anche la storia dell'arresto in flagranza di Matteo Rosario Imperiale nel 2017. Ad ammanettarlo erano stati Tocco, Vitale e Di Giorgi. Invece di portarlo in commissariato e piantonarlo lo avrebbero affidato alle tre guardie giurate dell’istituto La Vigilanza che poi vennero indagate.

Quando il dirigente di polizia chiese conto e ragione su questa vicenda i tre - così come le tre guardie giurate Davì, Di Maggio e De Luca - negarono tutto e scrissero una relazione di servizio considerata falsa dal procuratore.

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