Cronaca locale

Migranti, violenze e omicidi: condannati i nigeriani della "casa bianca"

Due nigeriani sono stati condannati per associazione a delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani. Assolto un terzo uomo

Migranti, violenze e omicidi: condannati i nigeriani della "casa bianca"

Una storia che racconta le atrocità perpretate ai danni di migranti provenienti dalla Libia. I giudici della Corte d'assise di Agrigento hanno condannato a 26 anni di reclusione i nigeriani Godwin Nnodum di 43 anni e Goodness Uzor, di 26 anni, accusati di associazione a delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani, sequestro di persona a scopo di estorsione e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina con l'aggravante dell'avere provocato la morte di alcuni migranti. Assolto, invece, il terzo imputato, il connazionale Bright Oghiator di 30 anni. L'inchiesta, coordinata dai pubblici ministeri Renza Cescon, Claudio Camilleri e Gaspare Spedale, della Dda di Palermo, ha fatto luce sulle terribili violenze che sarebbero state commesse in Libia, nella cosiddetta "casa bianca", un centro di prigionia dove i migranti venivano trattenuti prima del viaggio verso l'Italia e spesso sottoposti a torture e sevizie. La procura palermitana, fino a questo momento, è l'unica che ha istruito processi per crimini commessi in Libia. Il prezzo della loro liberazione, pagato di solito dai familiari, dava il via libera alla traversata e allo sbarco in Italia a Lampedusa. Alcuni migranti, picchiati con il calcio del fucile, sono morti per i colpi ricevuti. I tre nigeriani vennero fermati dalla Squadra mobile, dopo essere stati indicati dai superstiti come i loro aguzzini, nell'aprile del 2017.

Torture, abusi sessuali, botte per fare mandare i soldi dai familiari che servivano a pagare la traversata verso l'Italia. I racconti dei migranti hanno permesso di ricostruire cosa succede in Libia e fanno pensare ad una struttura utilizzata dai trafficanti con la protezione di miliziani locali. Per liberarli o imbarcarli sui gommoni verso l'Italia li facevano chiamare con il cellulare i parenti che dovevano inviare i soldi. Una storia già sentita e che altri migranti giunti sulle coste siciliane hanno raccontato agli agenti una volta arrivati ad Agrigento. "Per sollecitare i disgraziati pagamenti venivano bastonati con tubi di gomma, cavi d'acciaio e in alcuni casi sono stati torturati con scosse elettriche. Secondo un testimone la somma richiesta dagli organizzatori in cambio della liberazione di ognuno si aggirava a circa 10.000 dinari libici" appena 200 euro. Soldi che dovevano essere versati subito.

Carlotta Sami, portavoce per l'Italia dell'Unhcr, l'Alto commissariato Onu per i rifugiati recentemente ha dichiarato che "i migranti che fuggono dalla Libia non devono essere riportati indietro. È un atto disumano. Soltanto una piccola parte di loro finisce nei centri di detenzione legale, luoghi terribili ma pur sempre più sicuri dei centri clandestini, in mano ai trafficanti di uomini, dove ogni atrocità è possibile. Soprattutto adesso che con la guerra la Libia è nel caos".

Secondo una stima dell'Unhcr ci sono nei centri di detenzione in Libia 4700 migranti "di cui 3700 avrebbero diritto ad essere accolti in Europa".

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