Politica estera

Fra tensioni etniche e l’influenza russa Roma resta un’alleata storica di Belgrado

Interessi strategici condivisi, scambi commerciali in crescita nel settore auto e l’ultimo vertice suggellano un’intesa che ha retto anche sotto le bombe del 1999

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L’ingresso di Belgrado nell’Unione europea, anche se fra i serbi non va più tanto di moda. La scalata dell’Italia come primo partner commerciale grazie alla produzione della Panda elettrica nella storica fabbrica di Kragujevac. E pure una rinnovata collaborazione nel campo della Difesa. L’Italia è l’alleata di ferro della Serbia nell’Unione europea, scelta di campo suggellata dalla visita a Belgrado della premier Giorgia Meloni. E per noi la Serbia è strategica per la stabilità dei Balcani occidentali, soprattutto in Kosovo, percorso da tensioni a intermittenza, e in Bosnia, dove covano sotto le ceneri le spinte separatiste. Oltre che baluardo nel contrasto all’immigrazione illegale lungo la rotta balcanica.

Nonostante l’appoggio italiano all’offensiva aerea contro la Serbia di Milosevic nel 1999 siamo stati l’unico Paese della Nato a tenere aperta l’ambasciata sotto le bombe. E oggi Belgrado apprezza il ruolo dell’Italia nella missione di stabilizzazione in Kosovo. I nostri militari proteggono i monasteri ortodossi come Decani, culla della storia e religione serbe. Anche durante la spaventosa guerra etnica, che ha dissolto la Jugoslavia, i serbi ripetevano ai giornalisti che l’Italia ha salvato il loro esercito rincorso dagli austro-ungarici durante la prima guerra mondiale, evacuandolo attraverso l’Adriatico.

Meloni a Belgrado ha ribadito che la Serbia «può contare sul sostegno e sull’impegno dell’Italia a partire dal prossimo Consiglio europeo per velocizzare l’accesso graduale al mercato unico». L’Italia è l’alfiere dell’ingresso di Belgrado nella Ue. Non solo: «Il contrasto all’immigrazione irregolare per quello che riguarda la rotta balcanica è un obiettivo che Roma e Belgrado condividono» ha ribadito il presidente del Consiglio italiano.

Il versante economico è un tassello fondamentale dell’asse Roma-Belgrado. L’interscambio bilaterale con l’Italia nel 2022 ha raggiunto la cifra record di quasi 4,6 miliardi di euro (+10,5% rispetto all’anno precedente). Il nostro paese è il terzo partner commerciale della Serbia dietro a Cina, Germania e Federazione Russa.

In Serbia operano 1.200 aziende italiane. I settori trainanti sono quello energetico con Fintel Energjia e dell’automotive con Stellantis. Lo storico impianto Fiat di Kragujevac è stato riconvertito alla produzione della Panda elettrica che inizierà il prossimo anno. Oltre agli investimenti in agricoltura con Ferrero, nel tessile del Gruppo Benetton, Calzedonia, Pompea e Golden Lady è forte la presenza di Intesa Sanpaolo, prima banca in Serbia, e nel campo assicurativo delle Generali, seconda compagnia in Serbia.

In marzo abbiamo rafforzato il partenariato bilaterale per le nuove tecnologie, l’intelligenza artificiale e l’agri-tech. Dopo dieci anni è stato rinnovato «l’accordo tecnico» di cooperazione nella Difesa firmato dal generale Luciano Portolano e dal viceministro serbo Nenad Miloradavic, che va dall’aerosopazio, agli armamenti fino ai corpi speciali. La Serbia è un tradizionale avamposto russo nei Balcani, che non bisogna abbandonare fra le braccia di Mosca o dei cinesi. Proprio questo legame storico potrebbe tornare utile all’Italia, in tempi di stallo del conflitto in Ucraina e affaticamento dell’Occidente.

Il presidente serbo Aleksandar Vucic può intervenire sul Cremlino per auspicare una via d’uscita.

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