Politica internazionale

Rimpatri, prestiti e stretta contro i trafficanti: cosa prevede il memorandum con la Tunisia

Il memorandum segna una svolta dal punto di vista politico, ma non mancano importanti incognite sotto il profilo pratico

Rimpatri, prestiti e stretta contro i trafficanti: cosa prevede il memorandum con la Tunisia
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Da un lato c'è un'innegabile svolta politica, determinata dalla sottoscrizione di un accordo tra l'Ue e un Paese da cui si originano i flussi migratori (in questo caso la Tunisia). Da questo punto di vista, Bruxelles dà fondo all'idea di occuparsi anche di una "dimensione esterna" all'Ue per quanto riguarda l'immigrazione, operando in Paesi terzi.

Dall'altro lato però occorrerà adesso vedere se e quando ci saranno risvolti pratici direttamente ricollegabili all'accordo. Due in tal senso le incognite: la situazione economica in Tunisia e la volontà di Tunisi di continuare a veder rimpatriati unicamente propri cittadini, i quali costituiscono solo una parte minoritaria dei migranti sbarcati in questi mesi in Italia.

L'importanza politica dell'accordo

A Palazzo Cartagine, sede della presidenza tunisina, i volti dei diretti protagonisti sono sembrati molto più distesi. Kais Saied, presidente tunisino, assieme con Giorgia Meloni, il presidente della commissione europea Ursula Von Der Leyen e il premier olandese Mark Rutte, hanno ribadito la piena sinergia tra le parti. Tunisi incassa 105 milioni di Euro, Bruxelles la promessa di una maggiore sorveglianza e di un maggiore impegno contro i trafficanti.

Ma arrivare a questo punto è stato molto difficile. Una strada in salita iniziata già tra aprile e maggio, quando con la mediazione italiana si è riusciti a portare a Tunisi il commissario Ue all'economia Paolo Gentiloni. In quell'occasione si è rischiato il primo di tanti incidenti diplomatici durante questo cammino, con l'ex presidente del consiglio italiano ricevuto da Saied solo all'ultimo e solo dopo un improvviso slittamento dell'incontro. Poi nella capitale tunisina è arrivata Giorgia Meloni a inizio giugno, l'11 giugno lo stesso capo dell'esecutivo italiano è tornato nel Paese nordafricano assieme a Von Der Leyen e Rutte.

Sembrava tutto fatto per l'accordo su immigrazione ed economia, ma il 28 giugno si è avuto un primo rinvio della firma del memorandum. Soltanto ieri quindi, e soltanto dopo una nuova missione Ue-Italia-Paesi Bassi, si è giunti alla sigla definitiva dell'intesa. Nessuna delle parti aveva interesse a uscire dall'incontro a mani vuote. La Tunisia non solo ha un disperato bisogno di soldi, in attesa del varo definitivo del piano dell'Fmi, ma anche bisogno di appoggio politico da parte italiana ed europea proprio per far valere le proprie istanze davanti al Fondo.

Per l'Europa, dal canto suo, l'intesa con Tunisi ha rappresentato un primo importante banco di prova. Dopo mesi di discussioni, sul tema relativo alla dimensione esterna nelle operazioni di contrasto ai flussi irregolari l'Ue ha segnato un primo passo avanti concreto. Per la prima volta, Bruxelles si occupa non solo di mediare accordi interni di redistribuzione ma anche di firmare patti con Paesi terzi. È cioè passata la linea volta ad affrontare il problema nelle zone da cui si origina il flusso, piuttosto che occuparsi unicamente di redistribuzione e accoglienza.

Si tratta di una linea da tempo auspicata dall'Italia e infatti la firma del memorandum rappresenta anche un punto importante per il governo di Giorgia Meloni. Per Roma era necessario portare a casa il patto e potersi presentare, nel pieno di un'estate drammatica sul fronte degli sbarchi, con un primo importante passo in avanti tanto politico quanto diplomatico.

Le incognite

L'accordo prevede lo stanziamento di 105 milioni di Euro per Tunisi. Saied dovrà impiegarlo nella sicurezza e nelle azioni di contrasto ai trafficanti. Nel memorandum però hanno trovato spazio altri temi importanti, a partire dai programmi relativi allo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili. Temi economici vitali per la Tunisia e senza dubbio non secondari per l'Europa e per l'Italia in primis.

Ci sono però ancora nodi importanti irrisolti e difficilmente risolvibili. Bruxelles non ha ottenuto garanzie da Saied sulle riforme. Le stesse a cui sono condizionati i soldi dell'Fmi promessi a ottobre. In poche parole, Tunisi con questo accordo non ha risolto i problemi interni e né tanto meno si è lasciata alle spalle lo spettro del default. Sia a livello politico che economico, quest'ultima circostanza potrebbe pesare come un macigno sul mantenimento dell'accordo.

Non solo, ma Saied non ha dato il via libera al rimpatrio in Tunisia dei migranti sub sahariani sbarcati in Italia e salpati dalle coste di Sfax. La ragione, dal punto di vista tunisino, è comprensibile: in un contesto di crescente tensione interna, ricevere migliaia di migranti di ritorno potrebbe essere controproducente. "Non saremo i guardiacoste di nessuno", ha infatti più volte ripetuto Saied alla vigilia del vertice. Da Bruxelles sembrano aver compreso la posizione del presidente tunisino. "La Tunisia - ha detto un funzionario europeo all'Agi - non è un punto di raccolta per i migranti irregolari nell'Ue".

Tuttavia, in questa maniera l'accordo è destinato a modificare ben poco. Già oggi la Tunisia è destinataria del rimpatrio dei propri concittadini arrivati irregolarmente in Italia. Non solo, ma gran parte di chi sbarca lungo le nostre coste non ha nazionalità tunisina.

La misura raggiunge quindi potenzialmente solo una parte minoritaria di chi è arrivato illegalmente negli ultimi mesi.

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