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Addio a Biffi, profeta della minaccia islamica

Mise in guardia l'Europa "dall'assalto ideologico musulmano", ma restò inascoltato

Addio a Biffi, profeta della minaccia islamica

In morte di Giacomo Biffi, infinita tristezza, era maestro e amico. Ma protesto con Dio perché ci ha tolto un grandissimo e profeticissimo italiano (prima ancora che cardinale). Protesto con il sistema orribile dei mass media che lo tratta come una vecchia scarpa da ricordare con una certa simpatia, ma alla fine da buttare fuori dal consorzio di chi va ascoltato e seguito per i contenuti geniali del suo discorso, per la forza delle sue idee. E protesto con noi che non siamo di sinistra e siamo più o meno cattolici da quattro soldi, ma alla fine proni e servi della graduatoria fissata dalla cultura marx-gesuitica.

Basta così.

A Carlo Maria Martini inchini universali in vita e in morte, elezione a grande padre universale di atei e credenti, libri osannatissimi di interviste progressiste in coppia con Ignazio Marino (ah già, questo oggi non è il caso di ricordarlo). Paginate e prime pagine. Speciali del Tg. Giusto per carità. Ma il suo merito taciuto è stato quello di essere considerato, non troppo occultamente, come l'anti-Wojtyla e l'anti-Ratzinger.

Altra pasta Giacomo Biffi, deceduto a 87 anni, dopo una tremenda agonia, di cui non ha voluto trapelasse neppure una riga, gli avevano amputato una gamba e soffriva in silenzio da anni. Milanese fino al midollo, arcivescovo di Bologna, l'uomo che aveva capito tutto prima di tutti: su Islam invasore, laicità della malora, disperazione da benessere, nemico del cattolicesimo alla moda da sciacquatura di piatti in sacristia.

Niente a che vedere con la mistica slavata e lo spiritualismo dei campioni (diceva) di «ascetica leggera». Era così: gli piacevano gli gnocchi più del digiuno, che pure faceva, ma non lo diceva. Rendeva gloria a Dio per un bicchiere di buon barolo. La cosa che più colpiva di lui era la perfetta coincidenza tra il gusto di amare Cristo e quello di mangiare un piatto di gnocchi. Non sto dicendo nulla di blasfemo, credo. È la familiarità con Dio.

Era il più duro di tutti nel denunciare la crisi della fede e il tradimento dei cristiani, ma non se ne preoccupava. Diceva: «La Chiesa si fonda sull'avvenimento di Cristo, incarnazione morte e resurrezione. Un fatto non va in crisi». Questo gli permetteva di toccare senza paura, senza la faccia terrea, qualsiasi tema. Dalla politica al pacifismo, dal marxismo edonista delle tagliatelle alla laicità dello Stato. Sapeva che l'uomo è cattivo, e i cattolici sono pure peggio. Ma alla fine vince la positività della Resurrezione.

Massimo studioso di Sant'Ambrogio dà consigli di lettura splendidi: Guareschi, Pinocchio, Bacchelli, Solov'ev, Chesterton.

Gli chiesero: «Ritiene anche Lei che l'Europa sarà cristiana o non sarà?». Rispose: «Io penso che l'Europa o ridiventerà cristiana o diventerà musulmana. Ciò che mi pare senza avvenire è la “cultura del niente”, della libertà senza limiti e senza contenuti, dello scetticismo vantato come conquista intellettuale, che sembra essere l'atteggiamento dominante nei popoli europei, più o meno tutti ricchi di mezzi e poveri di verità. Questa “cultura del niente” (sorretta dall'edonismo e dalla insaziabilità libertaria) non sarà in grado di reggere all'assalto ideologico dell'Islam che non mancherà: solo la riscoperta dell' “avvenimento cristiano” come unica salvezza per l'uomo - e quindi solo una decisa risurrezione dell'antica anima dell'Europa - potrà offrire un esito diverso».

Si abbatterono fuochi, fulmini e saette. Chi aveva ragione? Ed è roba di diciassette anni fa, mentre Martini faceva marce con gli imam in centro a Milano. Chiese la «reciprocità» in materia di libertà religiosa con gli Stati islamici. Poi ci fu l'11 Settembre. Biffi ribadì le sue idee spiegando che non si può più eludere la «questione islamica» tenendola separata dalla questione del terrorismo, «quasi esso fosse senza radici e senza precise matrici culturali». Niente da fare: Biffi ha avuto il destino di Oriana, amata dal popolo, calunniata da politici e intellettuali.

A me piace molto di lui il giudizio che ha lasciato sulla rivoluzione francese. Secondo Biffi aveva il merito di aver sacralizzato il terrore di massa, ma anche di aver diffuso il sistema decimale. Un'ironia così non esiste più da nessuna parte.

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